Page 25 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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queste cose si fosse dovuta esprimere una sublime felicità ed una serenità olimpica e, per così
     dire, un giocare con ciò che è serio. Mentre l’uomo guidato dai concetti e dalle astrazioni si
     limita a allontanare con essi l’infelicità, senza peraltro riuscire ad estorcere felicità dalle sue

     astrazioni, mentre egli tenta cioè di liberarsi per quanto è possibile dal dolore, l’uomo intuitivo,
     ergendosi nel mezzo di una cultura, già raccoglie dalle sue intuizioni, oltre che una difesa contro
     il  dolore,  un  rischiaramento,  un  rasserenamento,  una  redenzione  che  affluiscono  senza  posa.
     Naturalmente egli soffre più violentemente, quando soffre, e anche più frequentemente, perché

     non sa imparare nulla dall’esperienza e sempre continua a cadere nella stessa fossa dove già una
     volta è caduto. Nel dolore, poi, egli è tanto irrazionale quanto nella felicità: grida forte e non
     trova  alcuna  consolazione.  Quanto  diversamente  si  comporta  di  fronte  a  un’eguale  sventura
     l’uomo stoico, istruito dall’esperienza, che esercita il dominio su di sé tramite i concetti! Questi,

     che altrimenti cercava soltanto la schiettezza, la verità, la libertà dall’inganno e la protezione
     contro gli assalti della seduzione, esibisce ora nella sfortuna il capolavoro della finzione, come
     l’altro faceva nella felicità. Egli non mostra un volto umano mobile e flessibile, bensì porta per
     così dire una maschera con dignitosa compostezza di lineamenti; non grida e neppure altera il

     tono della voce. Se una grossa nube temporalesca si rovescia su di lui, egli si avvolge nel suo
     mantello e se ne va a passi lenti sotto il temporale.
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