Page 185 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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ogni tortuoso abisso:
- poiché non volete seguire con mano vile un filo; e là dove potete indovinare,
avete a disdegno il dedurre...
4.
Nel contempo dirò qualche parola in generale sulla mia arte dello stile. Comunicare uno
stato, una tensione interna del pathos attraverso segni, compreso il ritmo di questi segni -
questo è il senso di ogni stile: e considerando che in me la molteplicità degli stati interiori è
straordinaria, ci sono in me molte possibilità di stile - la più molteplice arte dello stile che un
uomo abbia mai avuto a disposizione. Ogni stile, che comunichi veramente uno stato interiore,
che non sbagli i segni, il ritmo dei segni, i gesti - tutte le leggi del periodo sono un'arte del
gesto - è buono. Qui il mio istinto è infallibile. - Uno stile buono in sé - una pura pazzia,
nient'altro che «idealismo», quasi come il «bello in sé», come il «buono in sé», come la «cosa
in sé»... Presumendo sempre che ci siano orecchie - che ci siano esseri capaci e degni di un
simile pathos, che non manchino coloro con i quali è possibile comunicare. - Il mio
Zarathustra, ad esempio, sta cercando ancora uomini capaci di tanto - oh, dovrà cercare
ancora a lungo. - Bisogna essere degni di ascoltarlo... E fino ad allora non ci sarà nessuno che
comprenderà l'arte che vi è stata prodigata: non c'è stato mai nessuno che ha potuto prodigare
tanti mezzi artistici nuovi, inauditi, creati veramente per la prima volta a questo scopo. Che
una cosa simile fosse possibile con la lingua tedesca restava da dimostrare: io stesso, prima,
l'avrei rifiutata nel modo più duro. Prima di me non si sapeva cosa si può fare con la lingua
tedesca, - cosa si può fare con il linguaggio in generale. - L'arte del grande ritmo, del grande
stile del periodare per esprimere un immane flusso e riflusso di passione sublime e sovrumana
è stata scoperta da me per primo; con un ditirambo come l'ultimo del terzo Zarathustra,
intitolato «sette sigilli», ho violato mille miglia oltre ciò che fino ad oggi è stata chiamata
poesia.
5.
- Che nei miei scritti parli uno psicologo che non ha pari, questa è forse la prima
constatazione alla quale arriva un buon lettore - un lettore come lo merito, che mi legge come i
buoni filologi di una volta leggevano il loro Orazio. Le proposizioni sulle quali in fondo tutti
sono d'accordo, per non parlare dei filosofi buoni per tutti, dei moralisti e delle altre teste
vuote, teste di cavolo - appaiono in me come errori d'ingenuità: per esempio la convinzione
che «non-egoistico» ed «egoistico» siano termini antitetici mentre l'ego stesso è soltanto una
«sublime impostura», un «ideale»... Non ci sono né azioni egoistiche né azioni non-egoistiche;
entrambi i concetti sono un controsenso psicologico. E così la proposizione «l'uomo aspira
alla felicità»... o la proposizione «la felicità è il compenso della virtù»... O la proposizione
«piacere e dispiacere sono antitetici»... La Circe dell'umanità, la morale, ha falsificato da
cima a fondo tutti gli psychologica - li ha contagiati con la morale - fino a quello spaventoso
non-senso secondo il quale l'amore sarebbe «non egoistico»... Bisogna essere ben fermi in se
stessi, bisogna essere valorosamente saldi sulle proprie gambe, altrimenti non si può amare
affatto. E lo sanno troppo bene le femminette: non sanno cosa farsene degli uomini
disinteressati, semplicemente obiettivi... Posso azzardare a questo proposito la presunzione di