Page 182 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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Perché scrivo libri così buoni






      1.

         Una cosa sono io, un'altra i miei scritti. - Prima ch'io parli dei miei scritti stessi, conviene
      trattare qui il problema della loro comprensione o non-comprensione. Lo faccio con tutta la
      noncuranza  del  caso:  poiché  il  momento  per  questo  problema  non  è  ancora  giunto.  Non  è
      giunto neppure il mio, ci sono uomini che nascono postumi. - Prima o poi avremo bisogno di
      istituzioni  nelle  quali  vivere  e  insegnare  come  io  intendo  che  si  viva  e  si  insegni;  forse

      verranno istituite anche cattedre particolari per l'interpretazione dello Zarathustra. Ma sarei
      in totale contraddizione con me stesso se mi aspettassi di trovare già oggi orecchi e mani per
      le  mie  verità:  che  oggi  non  si  ascolti,  che  oggi  non  si  sappia  prendere  da  me,  non  solo  è
      comprensibile, ma a me pure sembra giusto. Non voglio essere preso per quello che non sono,
      - per ciò occorre che io stesso non mi prenda per ciò che non sono. - Lo ripeto, nella mia vita
      ci  sono  poche  dimostrazioni  di  «cattiva  volontà»;  anche  di  «cattiva  volontà»  letteraria  non
      saprei  citare  neppure  un  caso.  In  compenso  troppa  pura  follia...  Mi  sembra  che,  quando
      qualcuno prende in mano un mio libro, questo sia uno degli onori più rari che egli possa farsi,

      - suppongo anche che per farlo si tolga le scarpe, - per non parlare degli stivali... Quando una
      volta il dottor Heinrich von Stein si lamentò onestamente di non capire una parola del mio
      Zarathustra, gli dissi che era naturale: averne comprese sei frasi cioè averle vissute, eleva a
      un  grado,  tra  i  mortali,  più  alto  di  quello  che  gli  uomini  «moderni»  potrebbero  mai
      raggiungere. Come potrei, con questo senso della distanza, anche soltanto desiderare di essere

      letto  dai  «moderni»  che  conosco!  -  Il  mio  trionfo  è  proprio  l'inverso  di  quello  di
      Schopenhauer, - io dico «non legor non legar». - Non che io voglia sottovalutare il piacere
      che  mi  ha  dato  più  volte  l'innocenza  del  no  detto  ai  miei  scritti.  Anche  quest'estate,  nel
      periodo  in  cui  sarei  forse  riuscito,  con  la  mia  letteratura  seria,  troppo  seria,  a  far  perdere
      l'equilibrio a tutto il resto della letteratura, un professore dell'università di Berlino mi ha fatto
      benevolmente  capire  che  dovrei  tuttavia  servirmi  di  un'altra  forma:  roba  del  genere  non  la
      legge nessuno. - Infine è stata la Svizzera, non la Germania, che ha offerto i due casi limite. Un

      saggio del dottor V. Widmann sul Bund, a proposito di Al di là del bene e del male, con il
      titolo «Il pericoloso libro di Nietzsche» e un resoconto complessivo sui miei libri in generale
      del signor Karl Spitteler, egualmente sul Bund, rappresentano il vertice nella mia vita - mi
      risparmio dal dire di che cosa... L'ultimo, ad esempio, trattava il mio Zarathustra come un
      «superiore  esercizio  di  stile»,  esprimendo  l'augurio  che  io  volessi  occuparmi,  in  seguito,
      anche del contenuto; il dottor Widmann mi ha espresso la sua stima per il coraggio con cui mi

      sforzo di abolire tutti i sentimenti decorosi. - Per una piccola malignità del caso, ogni frase,
      con  una  consequenzialità  che  ho  ammirato,  era  qui  una  verità  capovolta:  in  fondo  bastava
      «capovolgere tutti i valori» per cadere, in modo anche notevole, in piedi, invece di cadérmi
      sui piedi... A maggior ragione tento una spiegazione. - In definitiva nessuno può trarre dalle
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