Page 177 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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ha bisogno dell'haschish. Ebbene, io avevo bisogno di Wagner. Wagner è, par excellence,
l'antidoto contro tutti i Tedeschi, un veleno, non lo contesto... Dal momento in cui apparve una
riduzione per pianoforte del Tristano - i miei complimenti, signor von Bülow! -, fui
wagneriano. Le opere precedenti di Wagner le vedevo inferiori a me - ancora troppo comuni,
troppo «tedesche»... Ma ancor oggi cerco un'opera con lo stesso pericoloso fascino, con la
stessa terribile e dolce infinità del Tristano - cerco invano in tutte le arti. Tutti i misteri di
Leonardo da Vinci perdono il loro incanto alle prime note del Tristano. Quest'opera è
senz'altro il non plus ultra di Wagner; egli si riposò di quest'opera con i Maestri cantori e
L'anello. Diventare più sani - è un regresso in una natura come quella di Wagner... Ritengo
un'enorme fortuna l'aver vissuto al tempo giusto, e proprio tra i Tedeschi, per essere maturo
per quest'opera: tanto lontano giunge, in me, la curiosità dello psicologo. Il mondo è povero
per colui che non è stato mai abbastanza malato per questa «voluttà dell'inferno»: è consentito,
è quasi obbligatorio, adoperare qui una formula mistica. - Penso di conoscere meglio di
chiunque altro i prodigi di cui Wagner è capace, i cinquanta mondi di ignote estasi per i quali
nessuno oltre a lui aveva avuto le ali; e poiché, per come sono fatto, sono forte abbastanza per
volgere a mio vantaggio anche l'elemento più problematico e pericoloso e diventare con ciò
ancor più forte, chiamerò Wagner il maggior benefattore della mia vita. Ciò in cui siamo affini,
l'aver sofferto anche l'uno a cagione dell'altro, più profondamente di quanto gli uomini di
questo secolo possano mai soffrire, riunirà per l'eternità i nostri nomi; e come è certo che
Wagner è solo un fraintendimento tra i Tedeschi, così lo sono io e lo sarò sempre. Per prima
cosa due secoli di disciplina psicologica e artistica, signori Germani!... Ma questa è una cosa
che non si ricupera. -
7.
Aggiungerò ancora una parola per le orecchie più sottili: ciò che io voglio esattamente dalla
musica. Che essa sia gaia e profonda, come un meriggio d'ottobre. Che sia strana, sfrenata,
tenera, una piccola donna dolce, piena di malizia e di grazia... Non ammetterò mai che un
tedesco possa sapere cos'è la musica. Quelli che son chiamati musicisti tedeschi, e soprattutto
i più grandi, sono stranieri, Slavi, Croati, Italiani, Olandesi - o Ebrei; diversamente sono
Tedeschi della razza forte, Tedeschi estinti, come Heinrich Schütz, Bach e Händel. Io stesso
sono ancor sempre abbastanza polacco per dare in cambio di Chopin tutto il resto della
musica: faccio eccezione, per tre motivi, per L'idillio di Sigfrido, di Wagner, forse anche per
Liszt, che nei nobili accenti orchestrali è superiore a ogni altro compositore; e infine per tutto
ciò che si è sviluppato al di là delle Alpi - al di qua... Non vorrei tralasciare Rossini, e ancor
meno il mio Sud nella musica, la musica del mio maestro veneziano Pietro Gasti. E quando
dico al di là delle Alpi, dico in effetti soltanto Venezia. Se cerco un'altra parola per la musica,
trovo sempre e soltanto la parola Venezia. Non esiste per me differenza tra musica e lacrime -
non posso immaginare la felicità, il Sud, senza un brivido di sgomento.
Stavo sul ponte
poco tempo fa nella bruna notte.
Di lontano giungeva un canto:
gocce dorate scorrevano