Page 173 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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         Al  problema  dell'alimentazione  è  strettamente  unito  il  problema  del  luogo  e  del  clima.
      Nessuno è libero di vivere dappertutto; e chi deve realizzare grandi compiti, che esigono tutta
      la  sua  forza,  ha  qui  una  possibilità  di  scelta  molto  limitata.  L'influsso  del  clima  sul
      metabolismo, i suoi impedimenti, le sue accelerazioni hanno tanto peso che una mossa falsa
      nella  scelta  del  luogo  e  del  clima  non  solo  può  estraniare  qualcuno  dal  suo  compito,  ma
      addirittura nasconderglielo: egli non lo scorgerà mai. Il vigor animale non diventerà mai così

      grande  in  lui  da  raggiungere  quella  libertà  traboccante  fino  ai  vertici  della  spiritualità,
      laddove un uomo può riconoscere: questo posso farlo io solo... Un'inerzia intestinale, anche
      lieve, diventata una brutta abitudine, è quanto basta per fare di un genio qualcosa di mediocre,
      qualcosa  di  «tedesco»;  è  sufficiente  il  solo  clima  tedesco  per  scoraggiare  intestini  forti  e
      anche eroici. Il ritmo del metabolismo è in preciso rapporto con la mobilità o la paralisi dei
      piedi dello spirito; lo «spirito» stesso non è che un modo di questo metabolismo. Si mettano

      insieme  i  luoghi  dove  vi  sono  e  vi  sono  stati  uomini  ricchi  di  spirito,  dove  arguzia,
      raffinatezza,  la  cattiveria  erano  parte  integrante  della  felicità,  dove  il  genio  si  ambientava
      quasi  per  necessità:  hanno  tutti  un'aria  notevolmente  asciutta.  Parigi,  la  Provenza,  Firenze,
      Gerusalemme,  Atene  -  questi  nomi  dimostrano  una  cosa:  il  genio  è  condizionato  dall'aria
      asciutta,  dal  cielo  puro,  -  cioè  da  un  metabolismo  rapido,  dalla  possibilità  di  attirare
      continuamente a sé grandi, quasi immense, quantità di forza. Ho davanti agli occhi il caso di
      uno spirito notevole e libero che divenne ristretto, rattrappito, specialista e acido per l'assenza

      di raffinatezza d'istinto per quanto riguarda il clima. E io stesso infine avrei potuto diventare
      un caso simile, posto che la malattia non mi avesse costretto alla ragione, alla riflessione sulla
      ragione  nella  realtà.  Ora  che,  grazie  a  un  lungo  esercizio,  leggo  in  me,  come  in  un
      raffinatissimo e preciso strumento, gli effetti d'origine climatica e meteorologica, e già in un
      breve viaggio, ad esempio da Torino a Milano, calcolo fisiologicamente in me il mutamento

      del grado di umidità dell'aria, penso con terrore al fatto inquietante che la mia vita, fino agli
      ultimi  dieci  anni,  gli  anni  mortalmente  pericolosi,  è  trascorsa  sempre  e  soltanto  in  luoghi
      sbagliati  e  per  me  addirittura  proibiti.  Naumburg,  Pforta,  la  Turingia  in  generale,  Lipsia,
      Basilea  -  altrettanti  luoghi  infausti  per  la  mia  fisiologia.  Se  generalmente  non  ho  ricordi
      piacevoli  di  tutta  la  mia  infanzia  e  la  mia  giovinezza,  sarebbe  una  pazzia  attribuirne  la
      responsabilità alle cosiddette cause «morali», - ad esempio alla indiscutibile assenza di una
      compagnia conveniente: poiché questa assenza sussiste oggi come sempre, senza impedirmi di
      essere sereno e coraggioso. Ma l'ignoranza in physiologicis - il maledetto «idealismo» - è la

      vera sciagura della mia vita, quanto vi è in essa di superfluo e di stupido, qualcosa da cui non
      è venuto niente di buono, per cui non vi è compenso né contropartita. Dalle conseguenze di
      questo  «idealismo»  mi  spiego  tutti  i  passi  falsi,  tutte  le  grandi  aberrazioni  dell'istinto  e  le
      «modestie»  estranee  al  compito  della  mia  vita,  ad  esempio  il  fatto  che  io  sia  diventato
      filologo - perché non medico almeno, o qualcos'altro che facesse aprire gli occhi? Al tempo di

      Basilea il mio intero regime spirituale, compresa la divisione della giornata, era uno spreco
      assolutamente  insensato  di  forze  straordinarie,  senza  un  afflusso  di  energie  che  coprisse  in
      qualche modo il consumo, senza neppure una riflessione sul consumo e il ricambio. Mancava
      ogni più raffinato egoismo, ogni protezione dell'istinto di comando, era un porsi al livello di
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