Page 164 - Nietzsche - L'Anticristo, Crepuscolo degli idoli, Ecce Homo
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una lunga, troppo lunga serie di anni, - significa purtroppo anche ricaduta, declino, periodicità
di ogni genere di décadence. Ho forse bisogno di dire, dopo tutto ciò, che sono esperto in
materia di décadence? La ho sillabata da ogni lato. E anche quell'arte della filigrana
dell'afferrare e comprendere in generale, quel tocco per le nuances, quell'attitudine
psicologica a «vedere dietro l'angolo», e ogni altra cosa che mi distingue, l'ho imparata allora,
è il vero dono di quel tempo nel quale ogni cosa si affinò in me, l'osservazione come tutti gli
organi dell'osservazione. Partendo dall'ottica del malato, considerare i concetti e i valori più
sani, poi, al contrario, partendo dalla pienezza e dalla sicurezza di sé della vita ricca,
guardare in basso, nel lavoro segreto dell'istinto di décadence - questo è stato il mio esercizio
più lungo, la mia vera e propria esperienza, se sono stato maestro in qualche cosa lo sono
stato qui. Ora l'ho in mano, mi sono fatto la mano a rovesciare le prospettive: ragione prima
per la quale a me solo, forse, è possibile una «trasvalutazione dei valori». -
2.
Indipendentemente dal fatto che sono un décadent, sono anche il suo contrario. Prova ne è,
tra l'altro, che contro le condizioni spiacevoli ho sempre scelto, istintivamente, gli strumenti
adatti: mentre il décadent in sé sceglie sempre gli strumenti che lo danneggiano. Come summa
summarum ero sano; ma nel dettaglio, nella peculiarità ero décadent. Quell'energia per
conquistare un assoluto isolamento e distacco dalle condizioni abituali, la violenza con la
quale mi sono imposto di non lasciarmi più curare, servire, coccolare dai medici - tutto questo
tradisce l'assoluta sicurezza dell'istinto per quanto riguarda ciò di cui allora, avevo soprattutto
bisogno. Mi presi in mano, mi guarii io stesso: la condizione per questo - ogni fisiologo lo
ammetterà - è che si sia fondamentalmente sani. Un essere tipicamente morboso non può
guarire, tanto meno guarirsi; per uno tipicamente sano, al contrario, la malattia può essere
addirittura un energico stimolante al vivere, al vivere-di-più. È così infatti che mi appare ora
quel lungo periodo di malattia: scoprii, per così dire, di nuovo la vita, me stesso incluso,
gustai tutte le cose buone, anche le piccole cose, come altri non avrebbero facilmente potuto
gustarle, - feci della mia volontà di salute, di vita, la mia filosofia... Poiché, si faccia
attenzione, gli anni della mia minore vitalità furono quelli in cui cessai di essere pessimista:
l'istinto dell'autoristabilirsi mi proibiva una filosofia della povertà e dello scoraggiamento... E
da cosa, in fondo, si riconosce l'essere benriuscito? Dal fatto che un uomo benriuscito fa bene
ai nostri sensi: dal fatto ch'è tagliato in un legno duro, tenero e profumato al tempo stesso. Gli
piace solo ciò che gli si conviene; il suo piacere, il suo desiderio cessano non appena la
misura di ciò che conviene viene superata. Egli indovina i rimedi contro le ferite, utilizza a
suo vantaggio le disavventure; ciò che non lo uccide lo rende più forte. Raccoglie
istintivamente, di tutto ciò che vede, ode, vive, la sua somma: è un principio selettivo, elimina
molte cose. È sempre nella sua società, sia che tratti con libri, uomini o paesaggi: onora in
quanto sceglie, in quanto concede, in quanto dà fiducia. Reagisce lentamente ad ogni tipo di
stimoli; con quella lentezza alimentata in lui da una lunga prudenza e da una deliberata fierezza
- esamina la sollecitazione che giunge, è ben lontano dall'andarle incontro. Non crede alla
«disgrazia», né alla «colpa»: sa chiudere con sé, con gli altri, sa dimenticare, - è forte
abbastanza perché tutto debba venire a suo vantaggio. - Ebbene, io sono l'opposto di un
décadent: poiché ho descritto appunto me stesso.