Page 135 - Keplero. Una biografia scientifica
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raduna in maniera organica le questioni non ancora risolte e le
conoscenze allo stato dell’arte. Così nasce l’Ad Vitellionem
paralipomena, che Keplero chiama anche, semplicemente,
Optica. L’opera, terminata nel 1603, viene presentata in forma
definitiva all’imperatore nel 1604. È suddivisa in due parti,
introdotte dalla classica lettera dedicatoria, qui indirizzata
proprio a Rodolfo II, in cui viene esposto il programma
dell’autore.
La prima parte, relativa all’ottica pura e composta da cinque
Capitoli, si collega idealmente alle opere di Alhazen e di Vitellio;
a essa fanno seguito altri sei Capitoli, che analizzano le
applicazioni dell’ottica in campo astronomico. Gli argomenti
trattati sono innumerevoli e di grande interesse, tanto che il
lettore rischia di perdersi nel lunghissimo elenco delle novità
introdotte. Una possibile scelta è allora quella di seguire due
filoni tematici, uno legato allo studio della luce e della sua
propagazione, l’altro alla teoria della visione.
Alla natura della luce è dedicato per intero il Capitolo I, che
offre al lettore una ricca serie di informazioni. Nelle prime
pagine viene presentata, in maniera organica, una successione di
definizioni e proprietà, così che si può dire che sono qui poste le
fondamenta di una vera e propria disciplina scientifica. Secondo
Keplero, la luce può effluire o essere lanciata da una sorgente
verso luoghi distanti. Dalla sorgente partono infinite rette, i
raggi, i quali rappresentano soltanto il moto della luce, così
come un segmento di retta può rappresentare il moto di una
boccia lanciata verso i birilli. La traiettoria è rettilinea, scrive
Keplero, perché la retta è la linea più breve che congiunge due
corpi, quindi la più adatta a incarnare una interazione, come è