Page 120 - Keplero. Una biografia scientifica
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mostra come sia sufficiente sostituire uno dei tre dati con
un’altra misura, presa tra quelle a sua disposizione, per ottenere
un’orbita differente. Ecco che, all’inizio del Capitolo XLII, si può
leggere: «Tu hai compreso, mio caro lettore, che ci tocca
ricominciare daccapo […] io sospetto che non si tratti di un
cerchio». In effetti, le misure gli mettono davanti agli occhi una
strana forma ovale. Ma Keplero, che già si è buttato alle spalle il
«dogma» del moto uniforme, fatica ad abbandonare anche la
comodità di un’orbita perfettamente circolare. Intuisce come sia
conveniente prendere come riferimento due punti notevoli
dell’orbita di Marte, afelio e perielio. Raccoglie quindi tutti i dati
disponibili, così da determinare con estrema precisione i due
punti fondamentali, su cui costruire le curve di prova. Se l’orbita
fosse un cerchio, con afelio e perielio punti estremi di un suo
diametro, basterebbe dividere la loro distanza a metà per
ottenere il raggio del cerchio stesso. Tuttavia, quando Keplero
calcola il valore di questo raggio e applica all’orbita risultante la
seconda legge, questa sembra essere assai meno affidabile di
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quanto non si fosse rivelata per la Terra . Allontanandosi dalla
linea degli apsidi, Marte procede troppo spedito o,
equivalentemente, il raggio si rivela «troppo lungo». Bisogna
dunque abbandonare l’orbita circolare.
In realtà, Keplero non è il primo ad ammettere che l’orbita
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dei pianeti non è un cerchio perfetto, ma piuttosto un ovale .
Anche Copernico e Brahe avevano confezionato un apposito
modellino, il quale, grazie a un epiciclo circolare che si muoveva
di moto uniforme su un cerchio perfetto, riproduceva una
forma circolare schiacciata, senza turbare gli assiomi del
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«circolare» e dell’«uniforme» . Keplero è consapevole del fatto