Page 115 - Keplero. Una biografia scientifica
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ora spazi eguali, ora tempi eguali. La stessa definizione sfugge ,
tanto più che i concetti cruciali, al fine della comprensione dei
fenomeni, sembrano essere almeno due: la variazione di velocità
nei singoli punti, grandezza a cui entrambi assegnano il nome di
«grado di velocità», e una sorta di «velocità complessiva», che si
ottiene sommando tutte le variazioni di velocità incontrate nel
tragitto percorso.
La continua variazione a cui la velocità va incontro, tanto
nella caduta libera, quanto nel moto lungo un’orbita, costringe
entrambi a considerare una suddivisione «infinitesimale» degli
spazi percorsi; ciò rappresenta un’ulteriore fonte di incertezze in
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un contesto matematico, sotto questo aspetto, ancora acerbo .
Nella impossibilità di poter «scrivere» una dipendenza
funzionale, Keplero e Galilei cercano almeno di rappresentarla
geometricamente. Scelto l’approccio geometrico, entrambi
prendono come punto di partenza lo spazio percorso, che
rappresentano come un asse verticale. Immaginano quindi di
dividerlo in unità infinitesime, e in ciascun punto del percorso
rappresentano con un segmento di retta a esso perpendicolare, e
quindi orizzontale, il «grado» raggiunto istantaneamente in quel
punto dalla grandezza complessiva, che per Galilei è la velocità,
per Keplero il tempo impiegato. Galilei, che studia una velocità
continuamente crescente, ottiene un triangolo, mentre Keplero,
che studia un fenomeno periodico, disegna un poligono
irregolare delimitato da una curva simmetrica.
I due scienziati dichiarano esplicitamente di prendere spunto
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per la loro dimostrazione da Archimede . In particolare, essi si
rifanno alla dimostrazione archimedea del fatto che la somma
dei segmenti contenuti in un’area è proporzionale all’area stessa.