Page 57 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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tal punto che, sempre nel Dialogo, Galilei esprime la sua meraviglia per il fatto che
        Keplero,  che  pur  ritiene  «uomo  di  ingegno  libero  e  acuto»,  abbia  assecondato  una
        «fanciullezza» come l’idea che la Luna possa influenzare le maree sulla Terra.
             Altre critiche vengono a Keplero per il fatto che egli utilizzi le fonti più diverse o si
        occupi  di  problemi  che  agli  occhi  dei  colleghi  non  sono  propriamente  scientifici.

        Attenzione: a non essere scientifico all’epoca era per esempio lo studio delle lenti che,
        distorcendo la realtà, appartengono piuttosto a un mondo di trucchi, scherzi ed inganni.
        Così,  dopo  che  nel  1604  Keplero  ha  dato  alle  stampe  l’Ottica,  dove  cita  e
        approfondisce  gli  studi  sulla  camera  oscura  e  su  alcuni  dispositivi  dotati  di  lente  di
        Giovanni Battista Della Porta, possiamo leggere una lettera scritta da Giovanfrancesco
        Sagredo,  nobile  veneziano,  al  suo  maestro  Galilei,  in  cui  egli  manifesta  il  proprio
        disappunto  per  il  fatto  che  una  persona  razionale  quale  Keplero  dimostri  gratitudine

        verso un tale stregone.


            D’altra  parte  le  novità  apportate  dallo  scienziato  tedesco  nel  campo

            dell’ottica sono talmente innovative che non sono pochi i contemporanei
            che non le condividono.


        È il caso della teoria dell’immagine retinica e del modello dell’ottica geometrica, in cui
        i raggi luminosi vanno a sostituirsi all’antica teoria delle specie, minuscoli simulacri
        degli  oggetti  che  viaggiavano  fino  agli  occhi  degli  osservatori.  Ancora  negli  anni
        Sessanta del XVII secolo, la maggiori opere di ottica espongono unicamente la teoria

        delle specie, tacendo dei contributi di Keplero, del quale invece si stava largamente
        diffondendo il modello di telescopio.
             Come si è detto molte sono le critiche al metodo ibrido utilizzato da Keplero per
        fare scienza in un periodo di trasformazione, ma non mancano gli ammiratori, soprattutto
        fuori Germania. Questo nonostante il fatto che molti dei suoi libri, tra cui l’Astronomia

        nova, l’Armonia  del  Mondo  e  l’Epitome  dell’astronomia  copernicana  fossero  stati
        messi all’Indice dei libri proibiti a partire dal 1616, rimanendoci fino al 1835.
             Quando Keplero muore nel 1630, Pierre Gassendi, l’astronomo francese che l’anno
        dopo osserva il transito di Mercurio sul Sole previsto anni prima dal collega tedesco,
        scrive  in  una  calorosa  lettera  che  il  mondo  continuerà  a  meravigliarsi  per  le  fatiche
        erculee  che  ha  portato  a  termine  e  per  il  suo  incomparabile  genio.  In  Inghilterra,  il
        giovane astronomo Jeremiah Horrocks chiede ai poeti di tesserne le lodi e ai filosofi di
        diffonderne le idee. Egli sostiene che «chi ha Keplero, ha tutto». Lo ammira più di ogni

        altro mortale e lo definisce grande, divino, degno di essere apprezzato sopra l’intera
        tribù dei filosofi.
             Ma le leggi di Keplero vengono davvero recepite dalla comunità astronomica solo
        dopo che Isaac Newton nel 1687 le inquadra all’interno della propria opera, I principi
        matematici della filosofia naturale, il capolavoro alla base della dinamica classica. In

        realtà il riconoscimento di Newton è parziale, poiché nel volume non cita mai il nome
        di  Keplero  ma  si  riferisce  alle  sue  prima  e  seconda  legge  come  alle  «ipotesi  di
        Copernico» e alla sua terza legge come al «fenomeno dell’esponente 3/2». Viceversa
        negli stessi anni Gottfried Wilhelm Leibniz esalta pubblicamente il valore di Keplero e
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