Page 54 - Keplero. Il cosmo come armonia di movimenti
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dichiara apprendista del primo e figlio del secondo.
Duracoto torna in patria e, accompagnato dalla madre incontra un demone, il quale
rappresenta la scienza dell’astronomia. La sapienza attribuita a questo demone è
maggiore di quella di Tycho, perché Keplero vuole affermare la superiorità della
rielaborazione razionale rispetto alla pura raccolta di dati. Per invocare il demone sono
necessari ben precisi riti, perché, leggiamo, il metodo scientifico è costituito da
procedure che non sono né spontanee né improvvisate. Quello del demone è un sapere
che nasce dalle ombre, con il che si allude al fatto che da sempre l’astronomia utilizza a
proprio vantaggio fenomeni come le eclissi, che Keplero paragona a delle scale con cui
ci eleviamo ad una conoscenza superiore.
Ecco che proprio sfruttando le eclissi il demone può portare un umano con sé sulla
Luna, all’interno del loro cono d’ombra. Finalmente, dopo che è stata pronunciata una
formula segreta di 21 lettere (ASTRONOMIA COPERNICANA), il demone si palesa e
inizia a raccontare le modalità del viaggio. L’umano, opportunamente preparato con
spugne sulla bocca ed addormentato, verrebbe lanciato verso il nostro satellite e
salendo sarebbe sempre meno ostacolato dall’attrazione verso la Terra, anzi, ad un certo
punto sarebbe aiutato da una analoga attrazione verso la Luna.
In queste pagine Keplero ha agio di introdurre il lettore a quei concetti,
forza, inerzia e gravità, ancora acerbi in quegli anni ma fondamentali in
futuro nella dinamica newtoniana.
Per esempio, descrive la gravità come quell’interazione per cui la Terra attrae una
pietra, ma anche la pietra attrae la Terra, spostandola però in maniera infinitesimale in
quanto minimo è il suo peso in confronto a quello della Terra, e spiega il suo ruolo nel
fenomeno delle maree.
Il demone passa quindi a descrivere i fenomeni celesti osservati dalla superficie
della Luna. Il viaggiatore, dopo essersi stupito di un giorno lunare pari a un intero mese
dei nostri, rimane colpito dal fatto che nel suo cielo la Terra non si sposta, ma ruota in
un punto fisso del cielo. Questo è il motivo per cui, scrive Keplero, gli abitanti della
Luna, i Seleniti, la chiamano Volva e la utilizzano come un orologio, dato che ha una
rotazione uniforme nell’arco di 24 ore e quindi torna alla stessa ora a mostrare lo stesso
continente. In corrispondenza del fatto che dalla Terra è visibile sempre la stessa faccia
del nostro satellite, i Seleniti hanno diviso la Luna in due emisferi, il subvolvano, ove la
Terra è sempre visibile, e il privolvano, ove non lo è mai. Keplero passa poi a
descrivere gli abitanti dei due emisferi, le loro condizioni di vita e le loro abitudini, ma
un temporale lo sveglia brutalmente… ed il Sogno è finito.
Il Sogno chiede ai suoi lettori di compiere uno sforzo di immaginazione e
di cambiare il punto di vista.
Riuscire a immaginare quali sarebbero stati i fenomeni celesti visti da un abitante della
Luna e comprendere che alcuni di questi sono effetti dovuti al moto della stessa Luna,
significa mettere in grado il contemporaneo di Keplero di capire che anche ciò che