Page 53 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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nuda.
                  7  JOHANN  KEPLER,  Gesammelte  Werke,  a  cura  di  MAX  CASPAR,  Monaco,  C.H.  Beck’sche
               Verlagsbuchhandlung 1938, vol. 16, pag. 302 (Opere di Galileo X, p. 316).
                  8  Con giudiziaria Wotton intende astrologica. L’arte di prevedere gli eventi futuri dalla posizione
               dei pianeti e delle stelle avrebbe dovuto integrare l’influsso dei quattro nuovi satelliti, per non parlare
               d’innumerevoli altre stelle.
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                    Lettera al conte di Salisbury del 13 marzo 1610, in HENRY WOTTON, Life and Letters, a cura di
               LOGAN PEARSALL SMITH, Oxford, Clarendon Press, 1907, vol. I, pp. 484-487.
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                     TERRIE F. BLOOM, Borrowed Perceptions: Harriot’s Maps of the Moon, in «Journal for the
               History of Astronomy», IX, 1978, pp. 117-122; SCOTT L. MONTGOMERY, The  Scientific  Voice,
               New York, The Guilford Press, 1996, pp. 212-219.
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                      PLUTARCO,  De  facie  quae  in  orbe  lunae  apparet,  930  D,  944  B  (traduzione  di  LUIGI
               LEHNUS,  Milano,  Adelphi,  2006,  pp.  76,  111).  Kepler  aveva  tradotto  in  latino  questo  dialogo
               dall’originale greco e, non appena lesse il Sidereus Nuncius, pensò immediatamente a Plutarco, come
               disse  a  Giuliano  de’  Medici,  ambasciatore  di  Toscana  a  Praga.  L’ambasciatore  ne  informò  subito
               Galileo, aggiungendo che Kepler era stato riluttante a seguire Plutarco all’inizio, ma che era disposto ad
               arrendersi dopo aver visto le argomentazioni di Galileo (lettera del 19 aprile 1610, Opere di Galileo X,
               319). Galileo aveva capito che la superficie terrestre della Luna sembrava più luminosa e l’estensione
               acquea più scura. Si veda PAOLO CASINI, Il ‘Dialogo’ di Galileo e la Luna di Plutarco, in PAOLO
               GALLUZZI (a cura di), Novità Celesti e Crisi del Sapere,  Firenze,  Istituto  e  Museo  di  Storia  della
               Scienza,  1983,  pp.  57-62.  La  traduzione  di  Kepler  fu  pubblicata  postuma,  come  appendice  al  suo
               Somnium sive Astronomia Lunaris, nel 1634.
                  12  Lettera da Venezia a Giovanni Terenzio in Roma del 29 maggio 1610 (Ope re di Galileo vol. X,
               p. 363).
                  13  Antonio Priuli salì i quasi 100 metri fino alla cima del campanile con altri otto dignitari. Tra
               costoro c’erano sette patrizi: Zaccaria Contarini, Lodovico Falier, Sebastiano Venier, Zaccaria Sagredo,
               Piero Contarini e Lorenzo Soranzo. L’altra persona era un avvocato, Ventura Cavanis, noto come “D. r
               Cavalli” (Dalla Cronaca di Antonio Priuli, Opere di Galileo XIX, 587). Zaccaria Sagredo era il fratello
               del grande amico di Galileo, Giovanfrancesco Sagredo, che sarà più tardi immortalato come uno dei tre
               interlocutori  del  Dialogo  sopra  i  due  massimi  sistemi  del  mondo  di  Galileo.  A  quel  tempo,
               Giovanfrancesco era console in Siria (1608-1611).
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                     Antonio Priuli, Dalla Cronaca di Antonio Priuli (Opere di Galileo XIX, p. 587).
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                     Opere di Galileo XIX, p. 587, nota 3.
                  16  Deliberazione del Senato, 28 ottobre 1599 (Opere di Galileo XIX, pp. 112-113).
                  17  Lettera dei Riformatori al Rettore di Padova del 20 febbraio 1603 e 19 Aprile 1608 (Opere di
               Galileo X, pp. 89, 202). I riformatori, tre in tutto, formavano il Consiglio Direttivo dell’Università di
               Padova.
                  18  Lettera di Galileo al doge Leonardo Donato del 24 agosto 1609 (Opere di Galileo X, pp. 250-
               251).
                  19  Deliberazione del Senato, 25 agosto 1609 (Opere di Galileo XIX, 116).
                  20  Dalla Cronaca di Antonio Priuli (Opere di Galileo XIX, p. 588).
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                     Lettera a Belisario Vinta (Opere di Galileo X, p. 250).
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                     Paolo Sarpi apparteneva ai Servi di Maria, i cui membri erano solitamente chiamati Serviti. Fu
               una delle menti più brillanti di Venezia e Galileo, che lo incontrava spesso e che si teneva in contatto
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