Page 55 - Galileo Galilei - Sidereus nuncius ovvero Avviso Sidereo.
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pagine. Venne scelto un formato detto in quarto, poiché i fogli interi (sette in questo caso) erano piegati
               due volte di seguito per produrre quattro pagine per otto facciate. Questi gruppi di pagine, ciascuno dei
               quali  è  chia  mato  una  segnatura,  sono  indicati  con  le  lettere  dalla  A  alla  G,  indicate  all’inizio.  Le
               singole pagine sono numerate nello stile detto in folio, cioè come verso o recto di ciascuna pagina, in
               modo che il retro senza numero o verso è indicato in bibliografia, ad esempio, come f. 8v. Durante la
               stampa, Galileo decise di aggiungere i calcoli che aveva appena terminato dell’altezza dei monti della
               Luna. Di conseguenza, il materiale destinato alla segnatura D ora era troppo abbondante. Il tipografo,
               allora, fu costretto ad aggiungere un altro mezzo foglio al centro della segnatura D e a lasciare senza
               numero le due pagine successive al folio 16. Per riempire lo spazio in più, Galileo realizzò i diagrammi
               dell’ammasso stellare detto Praesepe e del gruppo di stelle della Testa di Orione.
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                     Lettera del 1° settembre 1611 (Opere di Galileo XI, p. 188). In un suo commento sulle comete,
               scritto nel 1619, Galileo parla ancora di “i raggi visivi caminano semper per linee rette” e “raggi visivi
               procedenti dall’occhio libero” (Note su Orazio Grassi, De tribus cometis anni MDCXVIII, Roma, 1619,
               Opere di Galileo VI, p. 107). Ancora più tardi, nel 1632, troveremo nel Dialogo sopra i due massimi
               sistemi del mondo che la pupilla è “quel foro inde escono i raggi visuali” (Opere di Galileo VII, p.
               391).
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                     Nella sua Dissertatio cum Nuncio Sidereo, Kepler parlava di raggi che escono da un unico punto-
               sorgente e viaggiano in direzioni quasi parallele verso l’occhio (Opere di Galileo III, p. 111, righe 10-
               12).  La  sua  Dioptrice,  che  apparve  nel  1611,  fu  inviata  a  Galileo  da  Sagredo,  che  gli  chiese  dei
               commenti, ma senza successo (lettera di Sagredo a Galileo del 15 dicembre 1612, Opere di Galileo XI,
               p. 448). Si veda OLAF PEDERSEN, Sagredo’s Optical Researches, «Centaurus», 13, 1968, pp. 139-
               150.
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                     JEAN TARDE, Diario del viaggio in Italia (Opere di Galileo XIX, p. 590): “mais si obscur qu’il
               semble que l’autheur mesme ne s’est pas entendu”.
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                     “Della quale apparenza, come credo che sappiate, ne sono stati scritti, come di problema molto
               astruso,  interi  trattati,  ancor  che  tutto  il  misterio  non  ricerchi  maggior  profondità  di  dottrina  che
               l’intender per qual ragione un cerchio veduto in maestà ci paia rotondo, ma guardato in iscorcio ci
               apparisca ovato” (Il Saggiatore, Opere di Galileo VI, p. 354, righe 23-27).
                  43  Le operazioni astronomiche (Opere di Galileo VIII, pp. 461-462).
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                     In Opere di Galileo X, p. 289. La Pasqua cadeva l’11 aprile 1610 e le vacanze incominciavano
               qualche giorno prima.
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                     Ope re di Galileo III, p. 185, p. 187. Kepler pubblicò le proprie osservazioni effettuate dal 30
               agosto al 9 settembre 1610 nella Narratio de observatis a se quattuor Jovis satellibus erronibus e ne
               inviò una copia a Galileo il 25 ottobre (Opere di Galileo X, pp. 457-459).
                  46   Galileo  descrive  questo  problema  ne  Il  Saggiatore  (Opere  di  Galileo  VI,  p.  357).  Per  una

               discussione più dettagliata, si veda STILLMAN DRAKE, Galileo: una biografia scientifica, Bologna,
               Il mulino, 1988.
                  47  “È bene che il vetro colmo, che è lontano dall’occhio, sia in parte coperto, et che il pertuso che si
               lascia aperto sia di figura ovale, perché così si vedranno li oggetti assai più distintamente” (lettera del 7
               gennaio 1610, Opere di Galileo X, p. 278).
                  48
                     Lettera a Galileo del 17 dicembre 1610 (Opere di Galileo X, p. 485).
                  49  Lettera a Clavio del 30 dicembre 1610 (Opere di Galileo X, pp. 501-502, righe 83-94).
                  50   Il  De  facie  quae  in  orbe  lunae  apparet  fu  scritto  poco  dopo  il  71  d.C.,  anno  in  cui  avvenne
               l’eclisse che vi è descritta come recentemente occorsa. (Si veda F.R. STEPHENSON-L.J. FATOOHI,
               The Total Solar Eclipse Described by Plutarch nella rivista elettronica «Histos», II, 1998 accessibile in:
               www.dur.ac.uk/Classics/histos/1998/stephenson.html).  Galileo  possedeva  la  tra  duzione  latina,
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