Page 96 - Galileo. Scienziato e umanista.
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egli a me in particolare arrecata grandissima sodisfazione e
consolazione, – rispose Galileo, – nel vedere V. S.
Eccellentissima, in alcune di quelle questioni che ne i primi anni
della nostra amicizia disputavamo con tanta giocondità insieme,
inclinare in quella parte, che da me era stimata vera ed il
contrario da lei; forse [lei prese la parte di Domenico] per dar
campo a i discorsi, o pur per mostrare il suo felice ingegno,
potente anco a sostenere, quando li piacesse, il falso, o sí per
salvare incorrotta, anzi intatta in ogni minima particella, la
sincerità della dottrina di quel gran Maestro [Aristotele], sotto la
cui disciplina pare che militino, e che cosí far debbano, quelli
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che si danno ad investigare il vero» . Ora, l’arma principale
con cui essi avevano bastonato il loro maestro era la legge
aritmetica della caduta (la velocità è proporzionale alla
differenza delle densità del corpo e del mezzo) che si prestava a
un’interpretazione fisica attraverso l’idrostatica di Archimede.
Molto probabilmente Galileo aveva appreso la legge da Borro,
che l’aveva trovata in Averroè, mentre Mazzoni – che, a
differenza di Borro, non aveva limitato le proprie letture al XII
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secolo – l’aveva appresa dal matematico di corte Benedetti .
L’analogia idrostatica utilizzata da Benedetti, Mazzoni e
Galileo aveva prodotto molto di piú di una legge semiqualitativa
della caduta. Conteneva infatti anche una scoperta di
grandissima importanza: la scoperta del nulla, cioè del non
essere, della vacuità – il limite archimedeo di mezzi sempre piú
fini. Galileo avrebbe costruito la propria nuova scienza del moto
sulla vacuità, proprio come la moderna cosmologia trae
l’universo dal «vuoto». L’analogia idrostatica della caduta
libera, tuttavia, avrebbe dovuto alla fine essere abbandonata.
Cosí come Dante dovette accomiatarsi da Virgilio, che lo aveva
guidato attraverso l’oscurità quando egli aveva smarrito la
diritta via, una volta in cima al purgatorio, quando iniziò ad
ascendere alla fonte di tutte le luci, cosí Galileo avrebbe dovuto
abbandonare il ragionamento archimedeo che lo aveva condotto