Page 309 - Galileo. Scienziato e umanista.
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vuole];  ma  qui  ella  haveva  il  commando  sopra  quelli  che
                comandano et governano gli altri, et non haveva a servire se non

                a sé stessa, quasi monarca dell’universo». A corte la gelosia è
                sempre pronta a fare a pezzi la virtú. «[C]hi sa ciò che possino

                fare gli infiniti et incomprensibili accidenti del mondo, agiutati
                dalle  imposture  de  gli  huomini  cattivi  et  invidiosi,  i  quali,

                seminando et alevando nell’animo del Prencipe qualche falso et

                calunnioso concetto, possono valersi appunto della giustitia et
                virtú  di  lui  per  rovinare  un  galanthuomo?»               234 .  Sebbene  fosse

                rimasto  ferito  dall’abbandono  di  Galileo,  Sagredo  proseguí  la
                loro  corrispondenza  settimanale:  le  loro  lettere  sono  allegre,

                licenziose,  affrontano  temi  scientifici,  riportano  pettegolezzi,
                sono  presuntuose.  Gli  amici  si  scambiavano  regali,  medicine,

                piante, opere d’arte da parte di Sagredo; cani, vino e salsicce da
                parte  di  Galileo.  Discutevano  di  calore,  termometria,  lenti,

                telescopi,  magnetismo,  comete  e  calcolo  della  data  della
                Pasqua    235 . E si divertivano a fare a pezzi delle personalità. Due

                giudizi  di  Sagredo  saltano  all’occhio:  Keplero  non  era  un
                matematico  bravo  quanto  Galileo,  e  comunque  non

                sufficientemente bravo per essere chiamato a Padova; e «[Della]
                Porta  tra’  dotti  stimo  che  egli  tenga  il  luogo  che  tengono  le

                campane tra gli instrumenti di musica»                236 .

                    La  morte  di  Sagredo,  nel  1620,  tagliò  l’ultimo  legame
                materiale che Galileo aveva con Venezia. Era comunque fragile

                come il vetro. Galileo aveva abbandonato il proprio meccanico
                Mazzoleni  sbrigativamente,  proprio  come  aveva  fatto  con

                Marina,  e  dovette  dipendere  da  altri  per  procurarsi  il  vetro  di
                Murano necessario per i telescopi. Non sembra comunque che

                abbia  mai  installato,  nelle  proprie  dimore  a  Firenze  o  nei
                dintorni,  alcuna  delle  macchine  molatrici  che  aveva  nella

                propria  casa  di  Padova,  ma  dipendeva  abbondantemente  da
                Sagredo  per  completare  le  lenti            237 .  Molti  degli  artigiani  cui

                Sagredo aveva affidato l’incarico erano costruttori di specchi o
                lucidatori  di  pietre  dure  per  il  commercio,  e  non  avevano  né
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