Page 307 - Galileo. Scienziato e umanista.
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all’olio  che  brucia  in  una  lampada            225 .  Galileo  pensava  che  le
                macchie  potevano  essere  il  cibo,  se  non  gli  escrementi,  della

                consunzione solare, e si mise a spiare da dove veniva il cibo nei
                pianeti. L’attività delle macchie sembrava confinata a una fascia

                ristretta  intorno  all’eclittica,  cosa  che  suggeriva  uno  scambio
                della luce solare con le esalazioni dei pianeti. Questa ingegnosa

                teoria,  proposta  nella  terza  lettera  a  Welser,  non  venne  poi

                pubblicata  nell’Istoria  e  dimostrazioni  intorno  alle  macchie
                solari, che ebbe già abbastanza problemi a superare la censura

                senza  di  essa       226 .  Galileo  non  abbandonò  tuttavia  l’idea:
                combinò la nozione di legame materiale fra il Sole e i pianeti

                con la scoperta della rotazione del Sole su sé stesso per ottenere
                una potenza motrice in grado di trascinare i pianeti in circolo.

                Sembra che avesse in mente qualcosa di simile all’anima motrix
                di Keplero, grazie alla quale il Sole in rotazione porta con sé i

                pianeti, proprio come farebbe il fascio di luce di un faro con le
                navi – se il fascio fosse fatto di acciaio            227 .

                    All’inizio  del  1611  Galileo  comunicò  a  Sarpi  le  proprie
                ultime scoperte: le fasi di Venere e ciò che esse comportavano,

                la  scoperta  di  un  modo  per  calcolare  i  periodi  delle  stelle
                medicee,  l’aspetto  costante  di  Saturno  e  dei  suoi  compagni.  I

                segni nel cielo di Roma, cosí come li leggeva, erano favorevoli:

                i  matematici  della  Compagnia  di  Gesú,  «finalmente,  forzati
                dalla verità, mi hanno spontaneamente scritto, confessando ed

                ammettendo  il  tutto».  Tra  chi  ancora  vi  si  opponeva,  i  piú
                ostinati erano i filosofi di Padova, cioè il moro comune amico

                Cremonini  e  i  suoi  seguaci.  Proseguendo  con  questa  vena
                paranoide e malinconica, Galileo espresse il timore che i filosofi

                avrebbero  provato  a  «esterminar[e]  la  matematica»  a  Padova,
                che avrebbero scelto un fantoccio da loro gestito e controllato

                come suo successore, «acciocché se mai si scuopre qualche cosa
                vera  e  di  garbo,  ella  resti  dalla  loro  tirannide  soffogata»                 228 .

                Sarpi rispose per tramite di Micanzio: ciò che avete fatto fin qui
                è ottimo, ma ora basta; smettete di agitarvi e ritornate al vostro
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