Page 218 - Galileo. Scienziato e umanista.
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DH e a EI. Mi vergogno a confessare di aver preso il concetto e
l’analisi da una tecnica medievale chiamata «latitudine delle
forme». Non fu qualcosa di molto saggio, da parte mia, dato che
i filosofi scolastici erano interessati a fornire un quadro del
moto, non a calcolarne gli accidenti. Ma conoscevo questa
tecnica da lungo tempo e la sfruttai per venire incontro alla
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richiesta di un principio, come domandava Sarpi . La
comparsa, nella formulazione, del quadrato delle distanze, o
meglio del quadrato della velocità, sembrava promettente: se
infatti prendi la «somma delle velocità» proporzionale al
quadrato delle «latitudini» CG, DH…, e anche proporzionali
alla lunghezza della caduta AC, AD…, ottieni, indicando con s
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la distanza e con v la velocità acquistata alla fine, che s v .
Ora, come dicevo nel prosieguo della mia lettera a Sarpi, le
velocità sono inversamente proporzionali ai tempi, quindi v
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s:t, e s t , come volevo dimostrare.
Alessandro: È ancora peggio dell’errore sulle velocità medie
che hai commesso nel ricavare PMB: hai posto S proporzionale
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tanto sia a v sia a v . Neanche Aristotele avrebbe preso una tale
cantonata.
Galileo: È quello che ha detto anche Sarpi. Ciononostante,
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ho confermato la regola del t con l’esperimento: ho fatto
rotolare delle palle lungo piani leggermente inclinati e ho
cronometrato il tempo da loro impiegato per attraversare
distanze note con un orologio ad acqua e contando i battiti del
cuore. Non sarei mai riuscito a trovare la regola con
l’esperimento, ma le misurazioni sono sufficientemente
prossime alla teoria, e potrebbero essere avvicinate
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ulteriormente se qualcuno pensasse che ne valesse la pena .
Alessandro: Sarebbe una perdita di tempo.
Galileo: Quanto al principio richiesto da Sarpi, alla fine l’ho
trovato, dopo vent’anni di studio del moto: nel moto naturale il
principio ordinatore non è né la distanza né la velocità, ma il
tempo. L’assioma che avrei dovuto offrire a Sarpi è che in un