Page 35 - Piergiorgio Odifreddi - Hai vinto, Galileo! La vita, il pensiero, il dibattito su scienza e fede.
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Delle due l’una devi infatti ammettere e accettare.

                      Ma tutt’e due ti precludono ogni scampo e ti impongono

                      di riconoscere che l’universo si estende senza limite.




                     Nel secondo volume della trilogia di Bruno, De la


                causa,  principio  et  uno,  si  trova  una  sintesi

                dell’intuizione  precedente  nella  famosa  immagine

                dell’universo  come  «una  sfera  con  il  centro

                dovunque  e  la  superficie  in  nessun  luogo».

                Un’immagine  la  cui  storia  inizia  almeno  nel  XII

                secolo con l’anonimo Libro dei ventiquattro filosofi,

                continua nel XV con La dotta ignoranza del cardinal

                Cusano, e passando per Bruno arriva fino a noi con

                La sfera di Pascal di Borges e il principio cosmologico


                di  Einstein,  secondo  cui  «l’universo  appare  in  un

                dato istante allo stesso modo, da qualunque punto e

                in qualunque direzione lo si osservi».

                     Nel terzo volume infine, De l’infinito, universo et

                mondi, l’argomento del titolo raggiunge l’apice nella

                seguente distinzione:





                         Io dico l’universo «tutto infinito», perché non ha margine,

                      termino,  né  superficie.  Dico  l’universo  non  essere

                      «totalmente  infinito»,  perché  ciascuna  parte  che  di  quello

                      possiamo  prendere,  è  finita,  e  de’  mondi  innumerabili  che

                      contiene, ciascuno è finito.

                         Io  dico  Dio  «tutto  infinito»,  perché  da  sé  esclude  ogni






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