Page 140 - Piergiorgio Odifreddi - Hai vinto, Galileo! La vita, il pensiero, il dibattito su scienza e fede.
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Per  potermi  prevaler  di  moti  quanto  si  possa  tardi,  ne  i

                      quali manco lavora la resistenza del mezzo in alterar l’effetto

                      che depende dalla semplice gravità, sono andato pensando di

                      fare  scendere  i  mobili  sopra  un  piano  declive,  non  molto

                      elevato sopra l’orizzontale. Ché sopra questo, non meno che


                      nel perpendicolo, potrà scorgersi quello che facciano i gravi

                      differenti di peso.




                     Le  leggi  del  moto  senza  attrito  su  un  piano

                inclinato di un angolo α rispetto all’orizzontale sono

                le stesse del moto accelerato in verticale (che è il caso

                particolare in cui α è retto), in cui però si considera

                soltanto  la  componente  della  gravità  parallela  al

                piano:  dunque,  tutte  le  formule  risultano

                moltiplicate per il seno di α o, se si preferisce, per il

                rapporto  fra  l’altezza  e  la  lunghezza  del  piano.

                Eliminando il tempo dalla velocità e dallo spazio si

                ricava  la  velocità  di  arrivo,  che  dipende  soltanto


                dall’altezza del piano e non dalla sua inclinazione o

                dalla sua lunghezza. E usando la velocità di arrivo si

                ricava il tempo di discesa, che a parità di altezza è

                invece  proporzionale  alla  lunghezza  del  piano

                inclinato.

                     Continuando il suo precedente racconto, Galileo

                descrive  come  arrivò  poi  alla  considerazione  degli

                altrettanto famosi pendoli:










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