Page 130 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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Reverendissima, se alle mie tante e sì gravi indisposizioni non si
                fusse ultimamente aggiunto un assalto di dolori colici che m’ha

                travagliato  assai;  ma  la  manderò  quanto  prima.  Anzi,  per  il
                medesimo  zelo,  vo  mettendo  insieme  tutte  le  ragioni  del

                Copernico, riducendole a chiarezza intelligibile da molti, dove
                ora sono assai difficili, e più aggiungendovi molte e molte altre
                considerazioni, fondate sempre sopra osservazioni celesti, sopra

                esperienze  sensate  e  sopra  incontri  di  effetti  naturali,  per
                offerirle  poi  a  i  piedi  del  Sommo  Pastore  ed  all’infallibile

                determinazione di Santa Chiesa, che ne faccia quel capitale che
                parrà alla sua somma prudenza.
                     Quanto al parere del M. R. P. Grembergero, io veramente lo

                laudo, e volentieri lascio la fatica delle interpretazioni a quelli

                che intendono infinitamente più di me. Ma quella breve scrittura
                che mandai a V. S. Reverendissima è, come vede, una lettera
                privata, scritta più d’un anno fa all’amico mio, per esser letta da

                lui  solo;  ma  avendon’egli,  pur  senza  mia  saputa,  lasciato
                prender copia, e sentendo io che l’era venuta nelle mani di quel

                medesimo  che  tanto  acerbamente  m’aveva  sin  dal  pulpito
                lacerato,  e  sapendo  ch’ei  l’aveva  portata  costà,  giudicai  ben

                fatto  che  ve  ne  fusse  un’altra  copia,  per  poterla  in  ogni
                occasione  incontrare,  e  massime  avendo  quello  ed  altri  suoi

                aderenti  teologi  sparso  qua  voce,  come  detta  mia  lettera  era
                piena d’eresie. Non è, dunque, il mio pensiero di metter mano a
                impresa tanto superiore alle mie forze; se ben non si deve anco

                diffidare che la Benignità divina tal volta si degni di inspirare
                qualche raggio della sua immensa sapienza in intelletti umili, e

                massime quando son  almeno adornati  di sincero  e santo  zelo;
                oltre che, quando si abbino a concordar luoghi sacri con dottrine

                naturali nuove e non comuni, è necessario aver intera notizia di
                tali  dottrine,  non  si  potendo  accordar  due  corde  insieme  col

                sentirne  una  sola.  E  se  io  conoscessi  di  potermi  prometter
                alcuna cosa dalla debolezza del mio ingegno, mi piglierei ardire
                di  dire  di  ritrovar  tra  alcuni  luoghi  delle  Sacre  Lettere  e  di

                questa  mondana  constituzione  molte  convenienze  che  nella



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