Page 127 - Galileo Galilei - Lettere copernicane. Sentenza e abiura
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Molto Illustre e Reverendissimo Sig. mio
Colendissimo,
Risponderò succintamente alla cortesissima lettera di V. S.
molto Illustre e Reverendissima, non mi permettendo il poter far
altramente il mio cattivo stato di sanità.
Quanto al primo particolare che ella mi tocca, che al più che
potesse esser deliberato circa il libro del Copernico, sarebbe il
mettervi qualche postilla, che la sua dottrina fusse introdotta per
salvar l’apparenze, nel modo ch’altri introdussero gli eccentrici
e gli epicicli, senza poi credere che veramente e’ sieno in
natura, gli dico (rimettendomi sempre a chi più di me intende, e
solo per zelo che ciò che si è per fare sia fatto con ogni maggior
cautela) che quanto a salvar l’apparenze il medesimo Copernico
aveva già per avanti fatta la fatica, e satisfatto alla parte de gli
astrologi secondo la consueta e ricevuta maniera di Tolomeo;
ma che poi, vestendosi l’abito di filosofo, e considerando se tal
costituzione delle parti dell’universo poteva realmente sussistere
in rerum natura, e veduto che no, e parendogli pure che il
problema della vera costituzione fusse degno d’esser ricercato,
si messe all’investigazione di tal costituzione, conoscendo che
se una disposizione di parti finta e non vera poteva satisfar
all’apparenze, molto più ciò si arebbe ottenuto dalla vera e
reale, e nell’istesso tempo si sarebbe in filosofia guadagnato una
cognizione tanto eccellente, qual è il sapere la vera disposizione
delle parti del mondo; e trovandosi egli per l’osservazioni e
studii di molti anni, copiosissimo di tutti i particolari accidenti
osservati nelle stelle, senza i quali tutti diligentissimamente
appresi e prontissimamente affissi nella mente è impossibile il
venir in notizia di tal mondana constituzione, con replicati studii
e lunghissime fatiche conseguì quello che l’ha reso poi
ammirando a tutti quelli che con diligenza lo studiano, sì che
restino capaci de’ suoi progressi: tal che il voler persuadere che
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