Page 98 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
P. 98
7 William R. Shea, 1986, pp. 114-135, specialmente p. 115.
8 P. Sarpi, Istoria…, cit., p. 6. Inoltre, nonostante i rinnovati voti di povertà che erano
stati pronunciati a Trento, i segni di ricchezza e prestigio esteriori si moltiplicarono, in
quella seconda metà del secolo XVI, nella capitale della Chiesa cattolica: trenta nuove
vie, restauri di tre acquedotti, trentacinque fontane pubbliche, moltissime opere
artistiche e giardini. Durante tutto il secolo XVI, a Roma vennero costruite o restaurate
cinquantaquattro chiese. Il completamento della cupola di San Pietro, avvenuto nel
1593, fu un simbolo della potenza ritrovata e della spinta al futuro della città del papa. Il
quale adesso non era soltanto «vescovo di Roma», bensì «vescovo della Chiesa
universale». Si veda in proposito Delumeau, 1973, pp. 33 ss.
9 Sarpi, op. cit., I, p. 253.
10 Sarpi, op. cit., I, p. 278.
11 Sarpi, op. cit,. I, p. 279. I legati si affrettarono a rispondere che lo avrebbero fatto, pur
permettendosi di far notare che, oltre alle impugnazioni dei luterani, c’erano alcuni testi
sacri fatti oggetto di discussione anche da parte dei cattolici, e molte questioni assai
controverse.
12
La maggior parte dei teologi del Concilio furono dell’avviso che accettare la
pertinenza e la necessità degli originali equivaleva a introdurre complicazioni inutili e a
convertire i filologi in arbitri della fede. Gli inquisitori erano tenuti a conoscere
l’ebraico e il greco e chiunque avrebbe potuto rispondere che il senso del testo non era
esattamente quello proposto, imbarcandosi in discussioni senza fine. Uno dei delegati,
Isidoro da Chiari, propose che, una volta fissato il testo della Vulgata, si vietasse ogni
altra traduzione e venissero distrutte tutte quelle esistenti, «e così cesserebbono tutti gli
inconvenienti causati dalle nuove interpretazioni che con molto giudicio sono stati notati
e ripresi nelle congregazioni» (Sarpi, op. cit., I, p.269). Quanto alle traduzioni in lingue
volgari, il vescovo della città andalusa di Jaén e il suo teologo Alfonso de Castro le
consideravano «madre e fonte di eresie». Pacheco era dell’avviso che la Scrittura fosse
stata esposta così bene e con tanta dottrina «che non si poteva sperare di aggiungere più
altro di buono, e che le nuove eresie nascevano tutte dai nuovi commentari alla
Scrittura…». Per tale ragione, era necessario mettere freno alla petulanza dei talenti
moderni perché si accontentassero «di lasciarsi guidare dagli antichi [Padri] e dalla
Chiesa…». È evidente che ai legati non sembrava necessario né conveniente che i
credenti leggessero il testo biblico. Nello stesso orientamento, il francescano Riccardo
di Le Mans propose che «almeno dovrebbe esser proibito il leggerla [la Scrittura] per
ragion di studio a chi non è prima confermato nella teologia scolastica, né con altri
fanno progresso i luterani, se non con quelli che studiano la Scrittura; il qual parere non
fu senza aderenti» (Sarpi, op. cit., I, p. 271).
13
Si veda in proposito Westman, Robert S., 1986, specialmente pp. 92-93.
14
Il decreto è riportato in Blackwell, Richard J., 1991, Appendice I, pp. 181-182.
15
Per questo tema si veda Blackwell, 1991, pp. 9 ss.
16
Blackwell, 1991, pp. 11-12, 183. Nel primo capitolo di questo libro si può trovare uno
svolgimento dei temi che qui ci limitiamo a segnalare.
17 Sarpi, op. cit., II, pp. 959-960.
98