Page 93 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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«Solo un profeta avrebbe potuto sapere che i membri della curia sbagliavano e
                   che  l’astronomo  sarebbe  stato  giustificato  e  avallato  dallo  sviluppo
                   scientifico». 228


          Bisogna tuttavia concedere loro «il diritto di sbagliare», come del resto

          all’uomo  d’oggi.  Brandmüller,  però,  pare  non  rendersi  conto  che
          nessuno censura i giudici di Galileo per il fatto di avere sbagliato, ma

          che li si censura perché si sentirono in diritto di infliggere umiliazioni e
          persecuzioni come quelle che imposero a Galileo, o torture e condanne
          capitali come nel caso di Bruno e di tanti altri, per il semplice fatto di

          non essere d’accordo con loro. Il rimprovero che si rivolge loro è proprio
          di  non  aver  concesso  ad  altri  quel  diritto  che  adesso  Brandmüller

          reclama per loro, senza pudore alcuno. Dal canto suo, Poupard sottolinea
          che  i  giudici  di  Galileo  «credevano  in  buona  fede  di  formulare  un

          principio di dottrina cattolica».           229  L’«orgoglio e arroganza» di Galileo
          da una parte, la «buona fede dei suoi giudici» dall’altra, sono ingredienti

          oggi difficilmente sopportabili anche dagli stomaci più resistenti.
          Non vale la pena di passare in rassegna i lavori di questi «specialisti»,
          che avrebbero fornito la base delle conclusioni di Giovanni Paolo II nel

          1992. Né vale la pena di insistere ancora sull’utilizzazione, parziale e di
          correttezza molto dubbia, di una citazione di Bellarmino per appaiarla

          alla  posizione  esegetica  difesa  da  Galileo.             230   Naturalmente  il  papa  ha

          deciso che:


                   «Le chiarificazioni apportate dai recenti studi storici ci permettono di affermare
                   che tale doloroso malinteso appartiene ormai al passato».        231


          La  serietà  intellettuale  di  questa  operazione  è  così  scarsa  che  ci
          porterebbe sul terreno morale, in cui non entreremo. È però evidente che

          i destinatari non erano gli studiosi di Galileo.
          Adesso  Giovanni  Paolo  II  propone  la  tesi  che  Galileo,  come  esegeta

          delle  Scritture,  era  più  competente  dei  teologi  suoi  avversari.                          232
          Varrebbe la pena di discutere il criterio usato per affermare una cosa del

          genere,  e  di  chiedersi  perché  il  giudizio  di  Urbano  VIII,  papa  come
          Giovanni  Paolo  II,  non  sia  altrettanto  buono  del  suo.  Secondo  papa

          Wojtyla,  la  tesi  di  Galileo,  che  oggi  viene  data  per  buona,  consiste
          nell’affermare che le Scritture in nessun caso possono errare né entrare

          in conflitto con la scienza, perché la verità della scienza e la verità della
          fede  procedono  entrambe  da  Dio.  Il  punto  della  questione  è  che  la



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