Page 97 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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1 Ibn Hazm de Córdoba, El Collar de la Paloma. Tratado sobre el Amor y los Amantes.
Traduzione dall’arabo di Emilio García Gómez, Alianza Ed., Madrid, 1990, p. 114.
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Delio Cantimori, Galileo e la crisi della controriforma, in Carlo Maccagni, a cura di,
1972, pp. 401-415, specialmente pp. 405-406.
3 Paolo Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino (1619), a cura di Corrado Vivanti,
Einaudi, Torino, 1974, 2 voll. Sarpi, consultore teologico della Repubblica di Venezia,
fu una figura centrale dell’opposizione alle pretese assolutistiche del papato, in difesa
della libertà ecclesiastica. L’arcivescovo di Canterbury, George Abbot, si era messo in
contatto con Sarpi che gli inviò una copia dell’originale della Istoria perché venisse
pubblicata a Londra sotto lo pseudonimo di Pietro Soave Polano. A occuparsi
dell’edizione fu De Dominis e a lui si deve il titolo di Istoria del concilio tridentino,
nella quale si scoprono tutti gli artifizi della corte di Roma per impedire che venisse
alla luce la verità sopra i dogmi e fosse trattata la riforma del papato e della Chiesa.
Non era un buon servizio reso all’opera, la quale veniva in tal modo presentata come
un’opera polemica e sembrava mirare allo scandalo. Sarpi ne fu molto addolorato.
Micanzio, suo biografo, commentò la sua reazione dicendo: «Gli piace la verità; et il
mondo tutto fu spettatore come egli pugnò per difesa della medesima; ma la satira et il
strapazzo la stima cosa indegna di persone religiose e di uomini onorati» (cit. da C.
Vivanti, in Introduzione a Istoria…, 1974, I, p. XC). Solo sei mesi dopo l’opera venne
messa all’Indice e i gesuiti misero immediatamente in atto una campagna di replica.
Vari riformati, tra i quali aveva buoni amici, tentarono di attirarlo nelle loro file, ma
Sarpi non accettò mai. Galileo avrebbe annunciato per la prima volta la sua legge della
caduta dei corpi in una celebre lettera del 1604 a Sarpi il quale si interessava anche lui
di problemi scientifici. Caccini, nella sua denuncia del 1615 contro Galileo, lo accusò di
destare sospetti in materia di fede a causa della sua amicizia con Sarpi, ben noto a
Venezia per la sua empietà, «e dicono che ancora si scrivono» (Opere, XIX, pp. 309-
310).
4 Per l’esattezza, nel 1607, cinque sicari al soldo del cardinale Borghese, nipote di papa
Paolo V, lo aggredirono a Venezia mentre tornava in convento, sul ponte di Santa
Fosca, e riuscirono a infliggergli tre pugnalate, due al collo e una alla tempia. Nel caso
di quest’ultima, lo stiletto gli uscì vicino al naso e gli rimase conficcato nella testa
finché il signor Malipiero, che lo precedeva di qualche passo, si voltò e glielo tolse. Il
sicario, Ridolfo Poma, e i suoi accompagnatori si rifugiarono in casa del nunzio
apostolico a Venezia, dalla quale poi fuggirono. Alla luce di questa circostanza, è
improbabile che la guarigione di Sarpi fosse dovuta a un miracolo. Fulgenzio Micanzio,
Vita del padre Paolo, in P. Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino, vol. II, pp. 1275-1415,
specialmente pp. 1348 ss.
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Per inciso, lo stesso Bellarmino fu temporaneamente oggetto di attenzione da parte
della Congregazione dell’Indice. Nel 1590, Sisto V decise di includere nell’Indice il
primo libro delle sue Disputationes de controversiis christianae fidei adversus huius
temporis haereticos (1586-1593). Il papa però morì prima che l’edizione dell’Indice
venisse sottoposta a revisione e vi venisse inclusa l’opera di Bellarmino, e Urbano VIII
revocò il divieto.
6 Cantimori, op. cit., p. 408.
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