Page 541 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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apparivano all’occhio nostro linee rette ed al piano dell’eclittica
parallele; le quali però venivano alterate in parte di alcuni movimenti
accidentarii, vaganti ed irregolari, a i quali elleno son sottoposte, e per i
quali tumultuariamente e senza ordine alcuno si vanno tra di loro
mutando di sito, ora accozzandosi molte insieme, ora disseparandosi, ed
alcuna in più dividendosi, e grandemente mutandosi di figure, per lo più
molto stravaganti. E benché tali incostanti mutazioni alterassero in parte
il periodico primario corso di esse macchie, non fecero però mutar
pensiero all’amico nostro, sì che ei credesse che di tali deviazioni fusse
alcuna cagione essenziale e ferma, ma continuò di credere che tutta
l’apparente alterazione derivasse da quelle accidentarie mutazioni; in
quella guisa appunto che accaderebbe a chi da lontane regioni osservasse
il moto delle nostre nugole, le quali si scorgerebbero muoversi di moto
velocissimo, grande e costante, portate dalla vertigine diurna della Terra
(quando tal moto fusse suo) in ventiquattr’ore per cerchi paralleli
all’equinoziale, ma però alterati in parte da i movimenti accidentarii
cagionatigli da i venti, li quali verso diverse parti del mondo
casualmente le spingono. Occorse in questo tempo che il Sig. Velsero gli
mandò alcune lettere scritte da certo finto Apelle in materia di queste
macchie, ricercandolo con instanza che gli volesse liberamente dire il
suo parere sopra tali lettere, e di più significargli qual fusse l’opinion sua
circa l’essenza di tali macchie: al che egli sodisfece con tre Lettere,
mostrando prima quanto fussero vani i pensieri di Apelle, e scoprendogli
secondariamente le proprie opinioni, con predirgli appresso che
assolutamente Apelle, consigliatosi meglio col tempo, era per venire
nella sua opinione, sì come poi seguì. E perché parve al nostro
Academico (sì come parve anco ad altri intelligenti delle cose della
natura) d’avere investigato e dimostrato nelle dette tre Lettere se non
quanto si poteva dalla curiosità umana desiderare e ricercare, almeno
quanto si poteva per umani discorsi conseguire in cotal materia,
intermesse per alcun tempo (occupato in altri studii) le continuate
osservazioni, e solo per compiacere a qualche amico, faceva seco tal
volta alcuna osservazione alla spezzata; sin che incontratosi meco,
doppo alcuni anni, essendo noi nella mia villa delle Selve, in una delle
solari macchie solitaria, assai grande e densa, invitati anco da una
chiarissima e continuata serenità di cielo, si fecero a mia richiesta
osservazioni di tutto il transito di quella, appuntando diligentemente
sopra la carta i luoghi di giorno in giorno, nell’ora che il Sole si trovava
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