Page 512 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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d’una lente; ché assolutamente non maggiore può essere la differenza tra
          la  lunghezza  delli  due  raggi  visivi  mentre  la  linea  vien  tirata

          perpendicolarmente dal centro della pupilla sopra il piano dell’aste del
          sestante (la qual linea non è maggiore che la grossezza del pollice), e la

          lunghezza de i medesimi raggi mentre, elevandosi il sestante senza alzar
          insieme la testa, tal linea non cade più a perpendicolo sopra detto piano,

          ma inclina, facendo l’angolo verso la circonferenza alquanto acuto. Ma
          per  liberare  in  tutto  e  per  tutto  questo  autore  da  queste  infelicissime

          mendicità, sappia (già che si vede che egli non ha molta pratica nell’uso
          de  gli  strumenti  astronomici)  che  ne  i  lati  del  sestante  o  quadrante  si
          accomodano  due  traguardi,  uno  nel  centro  e  l’altro  nell’estremità

          opposta, i quali sono elevati un dito o più dal piano dell’aste, e per le
          sommità di tali traguardi si fa passar il raggio dell’occhio, il quale occhio

          si tiene anco remoto dallo strumento un palmo o due o più ancora; talché
          né pupilla, né osso di gota, né di tutta la persona, tocca nè si appoggia
          allo  strumento;  il  quale  strumento  né  meno  si  sostiene  o  si  eleva  a

          braccia, e massime se saranno di quei grandi, come si costuma, li quali,
          pesando  le  decine  e  le  centinaia  ed  anco  le  migliaia  delle  libbre,  si

          sostengono sopra basi saldissime: talché tutta l’instanza svanisce. Questi
          sono  i  sutterfugii  di  questo  autore,  i  quali,  quando  ben  fussero  tutto

          acciaio,  non  lo  potrebbero  sollevare  d’un  centesimo  di  minuto:  e  con
          questi si persuade di darci a credere d’aver compensata quella differenza

          che importa più di cento minuti, dico del non si esser osservata notabil
          diversità  nelle  distanze  tra  una  fissa  e  la  nuova  stella  in  tutta  la  lor
          circolazione,  che,  quando  ella  fusse  stata  prossima  alla  Luna,  doveva

          farsi  grandemente  cospicua  anco  alla  semplice  vista,  senza  strumento
          veruno,  e  massime  paragonandola  con  l’undecima  di  Cassiopea,  sua

          vicina  a  gr.  1  e  mezo;  che  di  più  di  due  diametri  della  Luna  doveva
          variarsi, come ben avvertirono i più intelligenti astronomi di quei tempi.

          SAGR.  Mi  par  di  vedere  quell’infelice  agricoltore,  che  dopo  l’essergli
          state battute e destrutte dalla tempesta tutte le sue aspettate ricolte, va

          con faccia languida e china raggranellando reliquie così tenui, che non
          son per bastargli a nutrir né anco un pulcino per un sol giorno.
          SALV.  Veramente  che  con  troppo  scarsa  provisione  d’arme  s’è  levato

          quest’autore contro a gl’impugnatori della inalterabilità del cielo, e con
          troppo fragili catene ha tentato di ritirar dalle regioni altissime la stella

          nuova di Cassiopea in queste basse ed elementari. E perché mi pare che
          assai chiaramente si sia dimostrata la differenza grande che è tra i motivi



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