Page 511 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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emendata  per  questo  e  per  quella.  Arebbe  qualche  momento,  benché
          debolissimo,  l’argomento  dell’autore,  se  egli  ci  avesse  assicurati  che

          l’altezza  del  polo  fusse  stata  assegnata  precisa  e  emendata  dall’error
          dependente  dalla  refrazione,  dal  quale  non  si  fussero  poi  guardati  i

          medesimi astronomi nell’assegnarci l’altezze della stella nuova; ma egli
          di ciò non ci ha fatti sicuri, né forse ce ne poteva fare, e forse (e questo è

          più credibile) tal cautela è stata tralasciata da gli osservatori.
          SAGR.  Parmi  soprabbondantemente  annullata  questa  instanza,  però

          ditemi in qual maniera e’ si libera poi da quell’aver mantenuta sempre la
          medesima distanza dalle stelle fisse sue circonvicine.
          SALV. Apprendendosi similmente a due fili ancor più deboli dell’altro:

          l’uno de’ quali è pur legato alla refrazione, ma tanto men saldamente,
          quanto  e’  dice  che,  pur  la  refrazione  operando  nella  stella  nuova  e

          sublimandola  sopra  il  vero  sito,  rende  incerte  le  distanze  vedute  dalle
          vere,  comparate  alle  stelle  fisse  sue  vicine;  né  posso  a  bastanza
          maravigliarmi  come  e’  dissimuli  d’accorgersi  che  la  medesima

          refrazione lavorerà nell’istesso modo nella stella nuova che nell’antica,
          sua  vicina,  sublimando  amendue  egualmente,  onde  da  tale  accidente

          l’intervallo tra esse resti inalterato. L’altro refugio è ancora più infelice e
          tiene  assai  del  ridicolo,  fondandosi  sopra  l’errore  che  può  nascere

          nell’operazione  stessa  strumentale,  mentre  che  l’osservatore,  non
          potendo  costituire  il  centro  della  pupilla  dell’occhio  nel  centro  del

          sestante (strumento adoprato nell’osservare gl’intervalli tra due stelle),
          ma  tenendolo  elevato  sopra  detto  centro  quant’è  la  distanza  di  essa
          pupilla  da  non  so  che  osso  della  gota,  dove  s’appoggia  il  capo  dello

          strumento, si viene a formar nell’occhio un angolo più acuto di quello
          che si forma da i lati del sestante; il qual angolo de’ raggi differisce anco

          da sè stesso, mentre si riguardano stelle poco elevate sopra l’orizonte e le
          medesime poi poste in grande altura. Si fa, dice, tal angolo differente,

          mentre  si  vadia  elevando  lo  strumento,  tenendo  ferma  la  testa:  ma  se
          nell’alzar il sestante si piegasse il collo indietro e si andasse elevando la

          testa insieme con lo strumento, l’angolo allora si conserverebbe l’istesso:
          suppone dunque la risposta dell’autore che gli osservatori, nell’uso dello
          strumento, non abbiano alzato la testa conforme al bisogno, cosa che non

          ha del verisimile. Ma posto anco che così fusse seguito, lascio giudicare
          a  voi  qual  differenza  può  essere  tra  due  angoli  acuti  di  due  triangoli

          equicruri, i lati dell’uno de i quali triangoli siano lunghi ciascuno quattro
          braccia,  e  quelli  dell’altro  quattro  braccia  meno  quant’è  il  diametro



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