Page 469 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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terzo [moto] è in realtà una immobilità dell’asse della Terra in una posizione parallela,
          mentre la Terra si muove intorno al Sole» (Keplero, Gesammelte Werke, vol. VIII, p.
          41). Due anni dopo, Galileo nel Saggiatore espone un argomento simile, dicendo che
          «falsamente veniva da esso Copernico attribuito un terzo moto alla Terra, il quale non è
          altramente  un  muoversi,  ma  un  non  si  muovere  ed  una  quiete»  (Opere,  VI,  p.  326).
          Come  vedremo,  nella  Giornata  terza  (Opere,  VII,  pp.  424-425)  Galileo  ritorna  sullo
          stesso argomento.
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               Non  so  se  il  lettore  condivida  l’opinione  di  Galileo.  Abbiamo  già  visto
          nell’Introduzione (v. p. 70) che i suoi amici non erano molto d’accordo nel ritenere che
          gli argomenti di Chiaramonti meritassero tanta attenzione.
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               Il  25  luglio  1610  Galileo  compì  le  prime  osservazioni  di  una  «stravagantissima
          meraviglia», e cioè «che la stella di Saturno non è una sola, ma un composto di 3, le
          quali quasi si toccano, né mai tra di loro si muovono o mutano; et sono poste in fila
          secondo la lunghezza del zodiaco, essendo quella di mezzo circa 3 volte maggiore delle
          altre 2 laterali». Per evitare problemi di priorità, annunciò la sua scoperta a Keplero con
          il seguente anagramma Smaismrmilmepoetaleumibunenugttauiras, la cui soluzione, che
          Keplero  non  trovò,  è:  Altissimum  planetam  tergeminum  observavi,  vale  a  dire:
          «Osservai  che  il  pianeta  più  alto  era  triplice».  Nel  corso  del  tempo,  Galileo  andò

          correggendo leggermente le sue opinioni iniziali. Così, il 13 novembre 1610 ripeteva
          che  erano  tre  stelle  «tra  di  loro  totalmente  immobili»  e  aggiungeva  che  «non  sono
          giustamente secondo la drittura del zodiaco, ma la occidentale si eleva alquanto verso
          borea; forse sono parallele all’equinotiale». Il 3 settembre 1616, però, scrive che «li due
          compagni  del  quale  [Saturno]  non  sono  più  due  piccoli  globi  perfettamente  rotondi,
          come erano già, ma sono di presente corpi molto maggiori, et di figura non più rotonda,
          ma [con] due mezze ecclissi [ellissi] con due triangoletti oscurissimi nel mezzo di dette
          figure,  et  contigui  al  globo  di  mezzo  di  Saturno,  il  quale  si  vede,  come  sempre  si  è
          veduto, perfettamente rotondo». Tuttavia, già il 1° dicembre 1612, ancorché sconcertato
          per i successivi cambiamenti di aspetto del pianeta, Galileo faceva congetture circa la
          futura  illuminazione  di  Saturno  da  parte  del  Sole  visto  dalla  Terra  e  non  esitava  ad
          affermare che il caso di questo pianeta, come quello di Venere, concordava in «maniera
          ammirabile con il grande sistema copernicano, alla cui universale affermazione vediamo
          condurci venti propizi con scorte così sicure che non si debbano più temere tenebre od
          ostacoli».  Se  si  osservano  le  figure  tracciate  successivamente  da  Galileo,  si  potrebbe
          pensare che si stesse avvicinando alle nostre osservazioni degli anelli di Saturno, ma in
          realtà non giunse mai a vederli. Il primo che riconobbe gli anelli come tali fu Huygens
          nel 1655, De Saturni Observatio Nova (1656), grazie alla costruzione di un telescopio

          molto migliore di quello usato da Galileo.
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              Fu questa effettivamente la linea di difesa adottata in un primo momento da alcuni
          oppositori di Galileo e difensori della scienza tradizionale, i quali approfittavano della
          confusione  e  ignoranza  che  ancora  regnava  nella  teoria  ottica.  Galileo,  che  in  questo
          campo non aveva ancora superato gli schemi tradizionali (e non conosceva i fondamenti
          della  nuova  ottica  di  Keplero),  non  accetta  mai  la  discussione  sul  terreno  teorico,
          ricorrendo alla pratica e alle osservazioni compiute con i suoi telescopi che, in questa
          fase  iniziale,  erano  senza  dubbio  migliori  di  quelli  dei  suoi  contestatori,  quando  si




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