Page 136 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
P. 136
per quanto vagliono le mie debili forze, la vita alla fama loro sopra
queste mie carte, introducendoli per interlocutori della presente
controversia. Né mancherà il suo luogo al buon Peripatetico, al quale,
10
pel soverchio affetto verso i comenti di Simplicio, è parso decente,
senza esprimerne il nome, lasciarli quello del reverito scrittore.
Gradiscano quelle due grand’anime, al cuor mio sempre venerabili,
questo publico monumento del mio non mai morto amore, e con la
memoria della loro eloquenza mi aiutino a spiegare alla posterità le
promesse speculazioni.
Erano casualmente occorsi (come interviene) varii discorsi alla spezzata
tra questi Signori, i quali avevano più tosto ne i loro ingegni accesa, che
consolata, la sete dell’imparare: però fecero saggia risoluzione di trovarsi
alcune giornate insieme, nelle quali, bandito ogni altro negozio, si
attendesse a vagheggiare con più ordinate speculazioni le maraviglie di
Dio nel cielo e nella terra. Fatta la radunanza nel palazzo
dell’Illustrissimo Sagredo, dopo i debiti, ma però brevi, complimenti, il
Sig. Salviati in questa maniera incominciò.
1 Ignoriamo chi abbia compilato queste pagine, inserite senza firma – mentre la dedica
al Granduca è firmata. Può darsi che a redigerle siano stati gli stessi censori, o magari
Galileo, senza dubbio obbedendo alle rigide direttive di quelli. In ogni caso, sappiamo
che l’inclusione di queste pagine era una condizione per la pubblicazione dell’opera,
come consta esplicitamente e ripetutamente dalla corrispondenza tra i censori di Roma,
dove ebbero inizio le formalità legali per la pubblicazione, e quelli di Firenze, dove
finalmente venne pubblicata. Il 19 luglio 1631, quando il Dialogo era già stampato (dal
21 febbraio dello stesso anno), il padre Niccolò Riccardi, previa corrispondenza nella
quale venivano chiaramente espresse le direttive del papa per la censura dell’opera,
scriveva al censore fiorentino: «In conformità dell’ordine di Nostro Signore [il papa
Urbano VIII] intorno al libro del Sr. Galilei, oltre quello che accennai a V.P.M.R.
[Vostra Paternità Molto Reverenda] per lo corpo dell’opera, le mando questo principio o
prefazione da mettersi nel primo foglio, ma con libertà dell’autore di mutarlo e fiorirlo
quanto alle parole, come si osservi la sostanza del contenuto. Il fine dovrà esser
dell’istesso argomento. Et io per fine le bacio le mani, ricordandomi vero servo di
V.P.M.R.» (Opere, XIX, p. 330). Aggiungeva quella che divenne la versione definitiva
di questa prefazione, qui riprodotta integralmente salvo il cambiamento di una parola
che indicherò più avanti.
2
Si tratta del decreto del 3 marzo 1616 con il quale veniva dichiarata eretica la teoria
copernicana e si proibivano o si sospendevano fino alla loro futura revisione le opere
che affermassero la centralità del Sole e la mobilità della Terra. Copernico denominava
«pitagorica» la sua teoria, donde la qualificazione che ne dà Galileo.
3 In realtà, come si sapeva allora e sappiamo oggi, tutto questo è del tutto inesatto,
136