Page 132 - Galileo Galilei - Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo
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Serenissimo Gran Duca
La differenza che è tra gli uomini e gli altri animali, per grandissima che
ella sia, chi dicesse poter darsi poco dissimile tra gli stessi uomini, forse
non parlerebbe fuor di ragione. Qual proporzione ha da uno a mille? e
pure è proverbio vulgato, che un solo uomo vaglia per mille, dove mille
non vagliano per un solo. Tal differenza depende dalle abilità diverse
degl’intelletti, il che io riduco all’essere o non esser filosofo; poiché la
filosofia, come alimento proprio di quelli, chi può nutrirsene, il separa in
effetto dal comune esser del volgo, in più e men degno grado, come che
sia vario tal nutrimento. Chi mira più alto, si differenzia più altamente; e
’l volgersi al gran libro della natura, che è ’l proprio oggetto della
filosofia, è il modo per alzar gli occhi: nel qual libro, benché tutto quel
che si legge, come fattura d’Artefice onnipotente, sia per ciò
proporzionatissimo, quello nientedimeno è più spedito e più degno, ove
maggiore, al nostro vedere, apparisce l’opera e l’artifizio. La
costituzione dell’universo, tra i naturali apprensibili, per mio credere,
può mettersi nel primo luogo: che se quella, come universal contenente,
in grandezza tutt’altri avanza, come regola e mantenimento di tutto
debbe anche avanzarli di nobiltà. Però, se a niuno toccò mai in eccesso
differenziarsi nell’intelletto sopra gli altri uomini, Tolomeo e ’l
Copernico furon quelli che sì altamente lessero s’affisarono e
filosofarono nella mondana costituzione. Intorno all’opere de i quali
rigirandosi principalmente questi miei Dialoghi, non pareva doversi quei
dedicare ad altri che a Vostra Altezza; perché posandosi la lor dottrina su
questi due, ch’io stimo i maggiori ingegni che in simili speculazioni ci
abbian lasciate loro opere, per non far discapito di maggioranza,
conveniva appoggiarli al favore di Quello appo di me il maggiore, onde
possan ricevere e gloria e patrocinio. E se quei due hanno dato tanto
lume al mio intendere, che questa mia opera può dirsi loro in gran parte,
ben potrà anche dirsi di Vostr’Altezza, per la cui liberal magnificenza
non solo mi s’è dato ozio e quiete da potere scrivere, ma per mezo di suo
efficace aiuto, non mai stancatosi in onorarmi, s’è in ultimo data in luce.
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