Page 925 - Dizionario di Filosofia
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1911.  Attraverso  un’attenta  ricostruzione  del  pensiero  del  filosofo  napoletano,  il

          Croce ne illustra quegli aspetti che nei primi decenni del XVIII sec. non erano stati
          sufficientemente intesi e apprezzati da una cultura filosofica per lo più ancora legata
          all’intellettualismo  cartesiano.  Nella  visione  vichiana  dello  sviluppo,  inteso  come
          capacità dello spirito di svolgersi mantenendo sempre il già acquisito, il Croce vede
          in  particolare  il  precedente  immediato  di  alcune  fondamentali  conquiste  della
          filosofia kantiana e idealistica, quali il criterio della sintesi a priori o l’affermazione

          hegeliana dell’identità tra reale e razionale.
          Filosofia  italiana  nelle  sue  relazioni  con  la  filosofia  europea  (LA),  opera  di
          Bertrando  Spaventa  così  intitolata  dal  Gentile  nella  sua  edizione  del  1926,  ma
          pubblicata dall’autore nel 1862 col titolo Prolusione e introduzione delle lezioni di
          filosofia.  Secondo  lo  Spaventa  nella  filosofia  si  rivela  nel  modo  più  completo  e

          autentico il « genio nazionale » dei singoli popoli. Applicando anche al pensiero
          italiano questo canone romantico l’autore individua come caratteri tipici del nostro
          genio  l’universalità  e  l’equilibrio  armonico,  che  hanno  consentito  alla  filosofia
          italiana di anticipare, in forme inevitabilmente incerte e involute, tutte le conquiste
          fondamentali  del  pensiero  europeo.  Campanella,  Bruno,  Vico  precorrono
          rispettivamente  Cartesio,  Spinoza,  Kant,  mentre  le  posizioni  del  criticismo  e

          dell’idealismo  classico  tedesco  sono  state  raggiunte  per  altre  vie  e  con  diversi
          presupposti  da  Galluppi,  Rosmini  e  Gioberti.  L’opera,  col  suo  invito  finale  alla
          filosofia  italiana  a  riallacciarsi  alle  sue  tradizioni  e  a  inserirsi  attivamente  nel
          circolo del pensiero europeo, rispondeva, dopo l’unità nazionale appena conseguita,
          a una esigenza evidente di politica culturale, nel senso più alto dell’espressione.

          Filosofia di Marx (LA), opera di Giovanni Gentile, pubblicata nel 1899 e risultante
          dall’unione in un volume dei due saggi Una critica del materialismo storico  e La
          filosofia della praxis. Anche al giovane Gentile si impose l’esigenza di sistemare
          un’esperienza culturale inquietante, come aveva già fatto con l’aiuto del Labriola il
          più maturo Croce. Il tema critico fondamentale del primo saggio è la denuncia del
          carattere  dogmatico  del  materialismo  storico:  Marx  ha  assolutizzato  ciò  che  è

          empirico  e  relativo,  ripetendo  lo  stesso  errore  di  metodo  delle  metafisiche
          prekantiane. Nel secondo saggio il Gentile manifesta una evidente congenialità col
          concetto  marxiano  della  «  praxis  »,  ma  sottolinea  l’incongruenza  implicita  nel
          disconoscimento del carattere spirituale dell’azione umana.
          Filosofia  della  miseria  (LA)  (Philosophie  de  la  misère],  opera  di  Proudhon,

          pubblicata nel 1846, nella quale l’autore espone le proprie concezioni economico-
          sociali.  L’uguaglianza  fra  gli  uomini  è  realizzabile  a  condizione  che  si  operino
          alcune riforme fondamentali: l’abolizione della proprietà e la sua sostituzione col «
          possesso  »  (che  è  solo  dei  produttori),  l’introduzione  dello  scambio  in  natura
          secondo  un  sistema  mutualistico  e  del  credito  gratuito  ai  lavoratori,  garantito  dai
          prodotti futuri.  La fragilità della costruzione del  Proudhon e la scarsa consistenza

          delle  sue  teorie  economiche  furono  dimostrate  da  Marx  in La  miseria  della
          filosofia* (1847).
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