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incontenibile slancio dell’anima, senza l’intervento del quale la specifica capacità di

          ciascuno non riuscirebbe a esprimersi. Il delirio è d’altra parte il segno dell’origine
          e  del  destino  oltremondano  dell’anima  e  nasce  dal  ricordo  dell’esperienza  del
          mondo ideale compiuta dall’anima e dalla sua ansia di tornare in quello, la quale si
          manifesta come un appassionato tentativo di riaccostarsi al bello assoluto e porta gli
          amanti  a  cercarne  i  segni  sensibili  nelle  persone  amate. Altri  temi  importanti  del
          dialogo sono: la contrapposizione fra la dialettica sofistica, che procede per brillanti

          e paradossali enunciazioni staccate, e quella socratica, che si sviluppa secondo un
          principio organico e unitario; la rappresentazione mitica, assai elaborata, della vita
          delle  anime  nel  mondo  celeste;  l’esaltazione  della  parola  parlata  al  confronto  di
          quella scritta, che raffredda il sapere e impigrisce l’anima.
          Fenomenologia dello spirito (Phänomenologie des Geistes), opera di Hegel, scritta

          e  pubblicata  nel  1807.  Concepita  come  introduzione  pedagogica  al  sistema,  la
          Fenomenologìa è l’espressione dello sviluppo della coscienza umana, che attraverso
          momenti  successivi,  necessari  ma  parziali,  raggiunge  l’universalità  e  si  riconosce
          come ragione obiettivata nella razionalità del reale. Le vicende della coscienza, a
          partire  dalla  coscienza  immediata,  sensibile,  sino  al  sapere  assoluto,  vengono
          illustrate anche con l’analisi di situazioni storiche esemplari.

          Filèbo (Phílēbos), dialogo di Platone, nel quale figurano come interlocutori Socrate,
          Filebo  e  Protarco.  Il  dissidio  iniziale  oppone  Socrate,  che  sostiene  che  il  bene
          coincide con il sapere, a Filebo, che ritiene di aver già dimostrato l’identità di bene
          e  piacere.  Successivamente  le  due  tesi  opposte  si  incontrano  in  una  sorta  di
          compromesso empirico: il bene è un’opportuna mescolanza di sapere e di piacere.

          Ma non tutti i piaceri concorrono legittimamente alla determinazione della felicità: ci
          sono i piaceri falsi o « misti », legati al dolore e al bisogno, e quelli limpidi e puri
          dell’intelletto.  La conclusione è che il bene e la felicità risultano dal concorso di
          varie  componenti,  che  devono  essere  dosate  con  discernimento  e  con  saggezza.  Il
          Filebo è un dialogo tardo, databile con qualche fondamento intorno al 360 a.C., nel
          quale Platone, probabilmente sotto l’influsso di Aristippo di Cirene, attenua il suo

          originario rigorismo etico di derivazione socratica.
          Filosofia  dell’arte  (LA),  opera  di  Giovanni  Gentile,  pubblicata  nel  1931.  Il
          problema  della  giustificazione  dell’arte  è  qui  visto  dall’autore  nella  prospettiva
          della  sua  filosofia  attualistica  e  nella  luce  della  sua  polemica  con  il  Croce.  Pur
          riconoscendo  all’arte  una  sua  autonomia,  Gentile  nega  che  essa  possa  essere

          considerata come un momento isolato e frammentario della vita spirituale, dato che
          lo  spirito  è  essenzialmente  unità.  Attraverso  l’attività  estetica  si  realizza  un
          fondamentale  momento  dialettico  della  vita  spirituale,  in  cui  l’artista  mira  ad
          attingere una visione di libertà che trascende ogni prospettiva pratica e scientifica.
          Per  Gentile  l’arte  è  quindi  totalità,  nel  senso  che  essa  implica  anche  il  momento
          morale e come tale è capace di offrire, sia pure in una prospettiva momentanea, il

          sentimento della infinità della vita spirituale.
          Filosofia  di  Giambattista  Vico  (LA),  opera  di  Benedetto  Croce,  pubblicata  nel
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