Page 922 - Dizionario di Filosofia
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diventa  virtuoso  scegliendo,  con  una  sorta  di  intuizione  etica  soggettiva,  il  giusto

          mezzo fra gli estremi (per es. il coraggio è il giusto mezzo fra la temerarietà e la
          viltà,  la  liberalità  è  il  giusto  mezzo  fra  l’avarizia  e  la  prodigalità,  ecc.).  Poiché
          tuttavia  l’attività  razionale  è  l’espressione  più  alta  della  natura  umana,  le  virtù
          dianoetiche  superano  in  valore  quelle  etiche,  e  la  sapienza  (sophía)  è  la  virtù
          suprema.  I  libri VIII  e IX  sono  dedicati  alla philía  (insieme  amicizia  e  amore),  la
          quale  costituisce  una  componente  fondamentale  del  sistema  di  valori  dell’etica

          classica.
          Eutìfrone  o  Della  santità  (Euthýphrōn  hē  perì  hosíu),  dialogo  di  Platone,
          appartenente al gruppo dei cosiddetti dialoghi socratici. Eutifrone è un indovino e un
          ispirato,  noto  in  Atene  per  la  sua  pietà  religiosa  e  per  l’efficacia  della  sua  arte
          divinatoria.  Egli,  che  è  l’unico  interlocutore  di  Socrate  nel  dialogo,  incontra  il

          filosofo  sulla  soglia  del  tribunale.  Ambedue  si  accingono  a  un’esperienza
          spiacevole: Socrate deve difendersi dall’accusa di corruzione; Eutifrone, in ossequio
          alle leggi della pietà religiosa, deve accusare suo padre, che ha lasciato morire di
          stenti uno schiavo. Nasce in Socrate il desiderio di farsi spiegare che cosa sia la
          pietà religiosa, o anche la santità, da un uomo che si accinge a compiere un gesto
          tanto grave in ossequio a un tale valore. Nel corso del dialogo Socrate ridimensiona

          le varie risposte dell’interlocutore, mostrandone la parzialità e l’insufficienza: santo
          non è chi, in ossequio alla legge divina, accusa perfino il proprio padre e nemmeno
          chi fa tutto ciò che piace agli dei (con tanti dei in conflitto, come scegliere chi di
          loro compiacere?). Anche l’osservanza rigorosa delle norme del culto non soddisfa
          integralmente la nozione di santità. Il dialogo non arriva a una conclusione e resta
          sospeso  per  l’allontanamento  di  Eutifrone,  che  corre  a  compiere  il  suo  tremendo
          dovere.

          Evoluzione  creatrice  (L’)  [L’évolution  créatrice],  opera  di  H.  Bergson  (1907).
          L’autore  riprende  dalla  filosofia  positivistica  il  grande  tema  dell’evoluzione,
          sottolineando  i  limiti  delle  due  sole  spiegazioni  possibili  per  l’intelletto:  quella
          meccanicistica  e  quella  finalistica.  Anche  qui  l’intelligenza  fornisce  schemi

          semplificati, buoni per le esigenze dell’azione pratica, ma del tutto insufficienti per
          la comprensione profonda del reale processo del mondo. La chiave della soluzione
          bergsoniana è la nozione di durata, della quale il tempo concepito dall’intelletto è
          una schematizzazione quantitativa. La durata può essere colta solo dall’intuizione,
          che è l’unico organo valido della conoscenza metafisica. All’intuizione la durata si
          rivela come tempo non spazializzato (cioè non riducibile a successione di momenti
          distinti),  come  divenire  qualitativo,  che  realizza  forme  sempre  nuove  e

          imprevedibili.  L’energia  che  si  estrinseca  nel  libero  movimento  della  durata  è  lo
          slancio vitale (élan vital), per opera del quale la vita cosmica si proietta, come un «
          fascio di steli », verso direzioni divergenti in un processo di creazione continua.
          Evoluzione  e  realtà  (Process  and  Reality),  opera  di  Alfred  North  Whitehead,

          pubblicata  nel  1929,  nella  quale  l’autore  espone  il  proprio  sistema  filosofico.
          Whitehead  si  colloca  fra  i  neorealisti  e  centra  la  sua  indagine  sull’essere,  alla
          maniera platonica e spinoziana. L’essere è però considerato come realtà in divenire,
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