Page 850 - Dizionario di Filosofia
P. 850

nell’umanesimo  e  nel  rinascimento,  vol.  I,  Bologna  1949;  G.  Toffanin, Storia

          dell’umanesimo, 3 voll., Bologna 1950; E. Garin, L’umanesimo italiano, Bari 1952.
          UNIVERSALE.  Si  dice  di  un  concetto  in  quanto  riferibile  in  modo  univoco  e  con
          adeguazione piena a tutti gli individui di una classe (mentre generale esprime solo
          una somiglianza relativa fra gli elementi di un gruppo); si dice di una proposizione

          che enuncia una relazione valida per la totalità degli individui inclusi nel concetto
          del soggetto. La questione degli universali fu originata da un passo dell’Isagoge, nel
          quale Porfirio suggerisce tutte le risposte a suo giudizio possibili alla domanda sullo
          status  ontologico  dei  concetti.  Sono  detti realisti  quelli  che,  come  Guglielmo  di
          Champeaux,  attribuiscono  platonicamente  un’esistenza  autonoma  e  oggettiva  agli
          universali; nominalisti  quelli  che,  come  Roscellino,  li  riducono  a  «  parole  »  o  «
          nomi »; concettualisti quelli che, come Abelardo, sostengono che gli universali non
          sono né cose, né nomi, ma designano qualcosa di obiettivamente comune a tutti gli

          individui  della  stessa  specie.  La  casistica  delle  soluzioni  intermedie  e  delle
          sfumature è molto complessa. San Tommaso riprese anche in questo caso Aristotele,
          sostenendo che gli universali esistono tanto ante rem, come idee della mente divina,
          quanto post rem, come concetti dell’intelletto, e in re, come forma delle cose. (V.
          anche CONCETTUALISMO, NOMINALISMO, REALISMO e TERMINISMO.)

          UNIVERSO.  La  cosmologia  tolemaica  poneva  la  Terra  al  centro dell’universo,
          circondata da sfere rotanti di trasparente cristallo su cui erano appesi i corpi celesti.
          Al  di  là  dell’ultima  sfera  regnava  l’inimmaginabile.  La  prima  immagine  che  ci  si
          presenta per l’universo nella sua totalità è quella di uno spazio infinito costellato da
          una  distribuzione  uniforme  di  ammassi;  ma  in  un  universo  di  questo  genere
          dovremmo ricevere luce da ogni punto del cielo, come mostrò H.W. Olbers. Furono

          fatti  diversi  tentativi  per  ottenere  un  modello  più  Soddisfacente,  tuttavia  la
          cosmologia  come  scienza  si  affermò  dopo  l’avvento  della  teoria  della  relatività
          generale  (1916),  quando  A.  Einstein  si  accorse  che  da  questa  teoria  si  potevano
          trarre  delle  informazioni  sulla  struttura  globale  dell’universo:  infatti  le  equazioni
          fondamentali della relatività generale stabiliscono una connessione tra le proprietà
          geometriche dello spazio e la distribuzione di energia e impulso nell’universo.  Si

          possono costruire diversi modelli di universo, fondati sulla relatività generale, che
          differiscono  tra  loro  essenzialmente  per  le  ipotesi  che  si  possono  porre  sulla
          distribuzione  media  di  energia  e  sulle  proprietà  geometriche  dello  spazio
          tridimensionale; tuttavia tutti i modelli cosmologici sono fondati su un postulato di
          carattere  epistemologico,  in  assenza  del  quale  è  impossibile  sviluppare  qualsiasi
          teoria scientifica dell’universo. Questo postulato, noto come principio cosmologico,
          afferma  che  l’universo  appare  nelle  sue  grandi  linee  lo  stesso  per  un  osservatore

          posto in un punto qualsiasi dell’universo; non esiste in altri termini nessun punto di
          osservazione privilegiato. I primi modelli relativistici si devono a Einstein (1917) e
          W.  de  Sitter  (v.  oltre),  tuttavia  le  più  importanti  implicazioni  cosmologiche  della
          relatività furono chiarite da Friedmann (1922) e soprattutto da G. Lemaître (1927)
          che costruì un modello di universo contenente materia. In questo modello si suppone
          che lo spazio sia isotropo, cioè con una densità di energia costante in ogni punto, a
   845   846   847   848   849   850   851   852   853   854   855