Page 809 - Dizionario di Filosofia
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stoico raggiunge questa aristocratica altezza raccogliendosi in sé e vivendo in una

          sorta  di  impassibile  autosufficienza: sustine et abstine suona nella versione latina
          l’invito  di  Epitteto,  vale  a  dire  «  sopporta  »  con  distacco  e  «  astieniti  »  da  ogni
          desiderio.  Come  portatori  della  ragione  universale,  infine,  gli  uomini  sono  tutti
          forniti di pari dignità e legati da un rapporto solidale, che ignora le irragionevoli
          borie individuali e di stirpe.

          Bibliogr.: Per i testi: Stoicorum veterum fragmenta, a cura di H. von Arnim, 4 voll.,
          Lipsia 1904-1924; in italiano: Frammenti degli stoici antichi, a cura di N. Festa, 2
          voll.,  Bari  1932-1935;  E.  Bevan, Stoics  and  sceptics,  Oxford  1913;  J.  Brun, Le
          stoïcisme,  Parigi  1958;  M.  Pohlenz, Die  Stoa.  Geschichte  einer  geistigen
          Bewegung, Gottinga 1959 (trad. it.: 2 voll., Firenze 1967); J. Christensen, An essay
          on the unity of stoic philosophy, Copenhagen 1962; A. Bridoux, Le stoïcisme et son

          influence, Parigi 1966; L. Edelstein, The meaning of stoïcism, Nuova York 1967.
          STORIA, Nella riflessione greca prevale dapprima la concezione negativa della storia
          come decadenza da una perfezione originaria. Da Esiodo a Platone variano soltanto
          il numero e la caratterizzazione delle diverse « età ». Successivamente il senso del
          processo è rovesciato e la storia diviene il movimento ascendente attraverso il quale

          l’uomo  passa  dalla  barbarie  alla  civiltà.  Nell’un  caso  come  nell’altro,  tuttavia,
          domina l’idea di una necessità ineluttabile, entro la quale non c’è posto per la libertà
          del progettare e per la responsabilità. Nella ripetizione ciclica, che è una nozione
          familiare  alla  cultura  greca,  l’illusorio  avanzamento  è  sempre  riassorbito  e
          annullato:  la  condizione  della  umanità  trova  nel  mito  di  Sisifo  la  sua
          rappresentazione  più  adeguata.  Quando  Epicuro  apre  nella  fatalità  del  movimento
          degli  atomi  lo  spiraglio  del clinamen*,  della  deviazione  capricciosa  e

          imprevedibile,  all’oppressione  della  necessità  si  sostituisce  quella  non  meno
          gravosa  della  casualità.  E  della  casualità  dell’accadere  storico  doveva  essere
          persuaso anche Aristotele, quando assegnava al poeta il compito di presentare i fatti
          come sarebbero dovuti andare secondo « verosimiglianza e necessità » e allo storico
          quello di narrare le cose realmente accadute, prive perciò nella loro contingenza di

          ogni  universalità  e  razionalità.  Per  Schopenhauer  le  forme  mutevoli
          dell’individuazione  storica  sono  tanto  irrilevanti  per  l’idea  che  vi  si  manifesta,
          quanto lo sono per le nubi le figure che esse assumono nel loro trascorrere in cielo.
          L’opposta concezione della storia come sviluppo di un disegno provvidenziale non
          ha  mai  potuto  nascondere  del  tutto,  anche  nelle  sue  versioni  più  dichiaratamente
          immanentistiche e laiche, i propri legami con l’originaria matrice cristiana. È stato
          osservato che per parte sua il cristianesimo si atteggia già nei libri sacri piuttosto
          come  racconto  storico  che  come  discorso  dottrinario.  Mentre  la  metafisica  greca

          assorbe  il  fatto  nella  legge  e  conferisce  realtà  all’individuale  inserendolo
          nell’immobilità  dei  cicli  ricorrenti,  la  religione  cristiana,  con  le  nozioni
          fondamentali della creazione e dell’incarnazione, dà rilevanza metafisica al mondo
          degli  eventi  temporali.  Dalla  certezza  dell’unità  del  genere  umano  in Adamo  e  in
          Cristo deriva inoltre l’intuizione di una storia universale, le cui ere sono segnate dai

          momenti cruciali della creazione, della caduta, della redenzione e del giudizio finale.
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