Page 778 - Dizionario di Filosofia
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primi, tra i quali sono da ricordare Owen e i suoi seguaci (l’oweniano London Co-
operative Magazine nel 1826 con il termine « socialista » indicò i sostenitori delle
idee cooperative di Owen) e i sansimoniani, che lo introdussero in Francia (la
parola « socialisme » cominciò a essere usata nel 1832 dal Globe e dal 1835 nella
Encyclopédie nouvelle di Leroux e Reynaud). Nella storia del socialismo precedente
le rivoluzioni del 1848 (e che si è soliti definire come « utopistico », in
contrapposizione a quello « scientifico » marxista, accogliendo la caratterizzazione
formulata dagli stessi Marx ed Engels) ebbero una parte fondamentale i sistemi
elaborati da Saint-Simon, Fourier e Owen e propagandati dai loro discepoli. Tali
sistemi, sebbene separati da differenze profonde, ebbero però anche caratteristiche
comuni ben definite, come l’aspra critica del sistema economico basato sulla
concorrenza e sullo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, l’aspirazione a una
ristrutturazione della società capace di assicurare il benessere generale e il diritto di
tutti al lavoro, la diffidenza per la « politica » tradizionale e i vecchi ceti dirigenti
(nobiltà, clero, burocrazia) e la fiducia nei « produttori », ai quali sarebbero dovute
spettare le funzioni dirigenti nella società futura. Un altro tratto distintivo di queste
prime correnti socialiste fu inoltre l’assenza della teorizzazione della lotta di classe
e dello scontro violento tra poveri e ricchi (o tra proletariato e borghesia), perché
sia Saint-Simon sia Owen e Fourier ritenevano possibile la costruzione della nuova
società da essi vagheggiata con mezzi pacifici (la forza dell’esempio, l’opera dei
filantropi, ecc.).
Se i rappresentanti del « socialismo utopistico » ritenevano possibile l’attuazione
pacifica dei loro piani di riforma sociale, L. A. Blanqui, influenzato dal
neobabuvismo, fu invece il sostenitore più deciso della violenza rivoluzionaria per
la trasformazione della società in senso socialista, che egli voleva affrettare con
l’azione di un piccolo partito di rivoluzionari « di professione », che conquistato il
potere avrebbe esercitato una dittatura educatrice delle classi popolari per instaurare
il nuovo ordine sociale.
Propugnò viceversa un socialismo democratico, da attuare per mezzo del suffragio
universale, L. Blanc: assertore dell’« associazione », egli affidava allo Stato il
compito di stimolare (con la concessione del capitale iniziale e di prestiti) la
creazione di ateliers sociaux (cantieri sociali) nei quali, abolito il profitto, si
sarebbe avuta una tendenziale uguaglianza delle retribuzioni e che, data la loro
superiorità economico-produttiva, avrebbero finito con l’attrarre nel nuovo sistema
anche le residue aziende private. Blanc pensava però che nel periodo iniziale
d’avvio la gestione dell’economia dovesse essere lasciata all’iniziativa autonoma
delle associazioni dei lavoratori; e in questo quadro, in cui sarebbe stato realizzato il
« diritto al lavoro » insieme con la piena uguaglianza economica e sociale, lo Stato
si sarebbe trasformato in uno strumento democratico al servizio della classe operaia.
Un posto di rilievo nel socialismo premarxista spetta anche a P. J. Proudhon, il cui
pensiero non solo esercitò nei decenni successivi una profonda influenza sul
movimento operaio francese, ma contribuì anche in modo determinante
all’elaborazione dell’ideologia anarchica. Dopo aver messo a punto negli anni