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modificativo  della  realtà.  Così  Platone  distingue  il  movimento  in  alterazione

          qualitativa e in traslazione e Aristotele aggiunge a sua volta l’alterazione sostanziale
          (cioè  la  generazione  e  la  corruzione)  e  quella  quantitativa  (l’aumento  e  la
          diminuzione), osservando peraltro che tutte le forme di movimento sono in ultima
          istanza  riconducibili  alla  traslazione.  Prima  di  loro  Eraclito  aveva  visto  nel
          movimento la legge stessa dell’universo (« tutto scorre »), mentre Parmenide aveva
          sostenuto l’immobilità dell’Essere, per cui « divenire e perire, essere e non essere,

          cambiare di luogo e mutare lo splendente colore » sono pure espressioni verbali alle
          quali non corrisponde nessuna realtà. Zenone a sua volta, con i celebri argomenti,
          assunse la difesa della negazione parmenidea della molteplicità e del movimento.
          Per Aristotele il movimento è entelechia, realizzazione di ciò che è in potenza. Esso
          non coincide né con la potenza, né con l’atto, ma è una condizione intermedia, che
          sussiste finché la potenzialità non è completamente trasformata in attualità. In questo
          senso esso viene anche qualificato come « atto imperfetto » (Metafìsica, IX, 6). La

          condizione  prima  del  movimento  è  il  «  motore  immobile  »,  che  opera  come  «  la
          causa dell’amore »: esso muove cioè non attraverso un intervento attivo, ma solo
          come « oggetto di desiderio » (Metafisica, XII). Nella costruzione di Democrito, al
          contrario,  il  movimento  degli  atomi  nel  vuoto  ha  carattere  spontaneo  ed  è  la
          condizione  sufficiente  della  varia  realtà  del  mondo  in  tutte  le  sue  mutevoli
          manifestazioni. Solo nella versione di Epicuro l’atomismo classico fa ricorso a una

          causa specifica del movimento e la individua nel peso degli atomi, proporzionale al
          loro volume. Strutture analoghe hanno le varie metafisiche materialistiche posteriori:
          materia e movimento sono anche per Hobbes i due principi sufficienti a render conto
          di  tutta  la  mutevole  varietà  del  reale.  Tutte  le  filosofie  ispirate  a  una  visione
          dinamica  del  mondo  hanno  ovviamente  al  loro  centro  la  nozione  di  movimento,
          variamente collegata con le altre di « sostanza », « forza », « materia », e simili.
          La fìsica moderna, operando una quantificazione sempre più rigorosa del concetto di

          movimento,  ha  contribuito  anche  in  questo  campo  a  liberare  la  filosofia  da
          formulazioni  male  impostate  e  da  problemi  insolubili.  Così,  mentre  le  nozioni  di
          tempo,  spazio,  velocità,  massa  hanno  subito  una  profonda  revisione,  hanno  anche
          perduto senso alcune distinzioni classiche, come quella fra il movimento assoluto,
          riferito  cioè  a  un  sistema  supposto  in  quiete  assoluta,  come  l’ipotetico etere

          cosmico, e il movimento relativo, determinato in rapporto a un sistema di riferimento
          anch’esso in moto.
          MÜNSTERBERG (Hugo), filosofo e psicologo tedesco (Danzica 1863 -  Cambridge,
          Massachusetts, 1916). Studiò medicina a Ginevra e a Lipsia, filosofia a Friburgo in
          Brisgovia,  donde,  nel  1892,  venne  chiamato  all’università  Harvard  di  Cambridge
          (Massachusetts) in qualità di professore ordinario di psicologia sperimentale. Come

          filosofo  appartenne  al  movimento  neokantiano  della  «  filosofia  dei  valori  »  e
          perseguì una sintesi dell’idealismo etico con le nuove acquisizioni della psicologia
          scientifica.  Come  psicologo  condusse  indagini  molto  importanti  sul  lavoro
          industriale  ed  è  considerato  il  fondatore  della  psicotecnica.  Opere  principali:
          Contributi  alla  psicologia  sperimentale  (1889-1892), La  psicologia  e  la  vita
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