Page 573 - Dizionario di Filosofia
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mondi, in quanto anche in contesti mitici (soprattutto in miti di natura cosmogonica)

          si possono incontrare idee propriamente filosofiche — come avviene ad es. in vari
          inni  del Rg  Veda  —  e,  per  converso,  in  sistemi  filosofici  possono  sopravvivere
          concezioni mitiche, come quella della metempsicosi, che impronta di sé tutta l’antica
          filosofia indiana. Complessi possono essere anche i rapporti tra l’insieme dei miti
          accettati  da  una  cultura  e  la  religione  che  essa  pratica.  Se  la  sfera  cui  il  mito  si
          riferisce  è  prevalentemente  religiosa,  il  mito  è  però  distinto  dalla  religione  come

          complesso di dottrine, di precetti e di riti che disciplinano le relazioni tra l’uomo e
          la  divinità;  non  tutti  i  riti  né  tutti  i  precetti  religiosi  hanno  necessariamente  un
          archetipo mitico, né tutta la teologia di un popolo, anche primitivo, si può ritrovare
          nei  suoi  miti  o  ricavare  da  essi.  Anzi,  una  concezione  della  divinità  quale  si
          rispecchia  in  un  mito  può  anche  non  corrispondere  più  a  quella  comunemente
          accettata,  o  addirittura  essere  in  contrasto  con  essa,  senza  che  necessariamente  il
          mito venga rinnegato: ciò è dovuto in primo luogo al carattere assai conservativo, e

          quindi arcaistico, delle strutture mitiche. A maggior ragione, il mito non rispecchia
          sempre l’organizzazione sociale e giuridica della cultura che ne è portatrice: ad es.,
          nella mitologia greca si riflette un ordinamento politico monarchico, mentre in epoca
          classica greca la società appare ordinata in repubbliche.
          • L’interpretazione del mito. Sin dall’antichità si pose il problema del « significato
          » del mito, e quindi della sua origine, anche a causa del divario che si era venuto

          creando  tra  la  religione  tradizionale  e  il  suo  mondo  mitico  e  le  nuove  esigenze
          spirituali: è significativo che non si volesse rinunciare interamente alla mitologia,
          che  spesso  rappresentava  elementi  che  ripugnavano  a  una  morale  evoluta  e  al
          pensiero razionale, ma che invece sì facesse strada, a partire dal V sec. a.C., con
          Ferecide, Acusilao di Argo e altri, la convinzione che nel mito fosse nascosta una
          verità innanzitutto di ordine morale, rivestita del velo dell’allegoria. Tale metodo fu
          specialmente  in  favore  presso  i  neoplatonici.  Intanto,  Evemero,  riprendendo  una

          tendenza già evidente in Erodoto, elaborava una interpretazione del mito che vedeva
          in  esso  la  deformazione  poetica  e  favolosa  di  fatti  storici  (evemerismo):  essa  fu
          accolta, con intenti apologetici, anche dai padri della Chiesa. Infine, le figure della
          mitologia  vennero  anche  interpretate  in  base  a  più  o  meno  fantasiose  etimologie
          (Varrone). In epoca moderna, a tali tendenze interpretative, che possono portare a

          risultati suggestivi ma sostanzialmente arbitrari (e che comunque hanno ancora oggi
          dei  seguaci),  gli  studiosi  hanno  cercato  di  sostituire  metodi  di  indagine  meno
          soggettivi.  Già  C.  De  Brosses  e  J.  F.  Lafiteau,  istituendo  un  parallelo  tra  culti
          primitivi e motivi del mito greco, avevano chiarito che il mito ha la sua radice in una
          mentalità  arcaica  dotata  di  una  propria  logica,  secondo  la  quale  essi  vanno
          interpretati.  Su questa linea si pone il pensiero di A.  Lang e di  J.  G.  Frazer, che
          ritrovano nel mito le leggi della mentalità magica, e quello di  L.  Lévy-Bruhl, che
          attribuisce  a  una  fase  «  prelogica  »  del  pensiero  umano  la  creatività  mitica.  La

          scuola sociologica pone l’accento sul carattere funzionale del mito, che nasce come
          spiegazione  e  giustificazione  dei  fatti  sociali.  Ancora  più  recentemente,  C.  Lévi-
          Strauss  ha  riconosciuto  uno  specifico  linguaggio  mitico  che  esprime  determinate
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