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sforzò di costruire una teoria delle dimostrazioni che, superando il metodo
assiomatico, costituisse il fondamento di un metodo formale. Una volta formalizzati
sia gli assiomi relativi a una teoria, sia le regole di logica da applicare per la
costruzione della medesima, il processo di deduzione viene a essere costituito
dall’applicazione di certe regole sull’uso dei simboli introdotti. Per dimostrare che
tale procedimento non può dar luogo a formule contraddittorie e perció inutili,
Hilbert ricorse unicamente a un’interpretazione formale dei simboli adottati nel
calcolo. Anche se non si mantenne in questi limiti, la teoria delle dimostrazioni ha
stimolato numerose ricerche sui procedimenti formali e sui fondamenti logici della
matematica i cui risultati, alcuni dei quali del tutto imprevedibili, (e in particolare
quelli concernenti i casi limite di tali procedimenti) sono senza dubbio di importanza
capitale. Ciascuna rappresentazione di una disciplina mediante il linguaggio di
un’altra mette in risalto un aspetto strutturale comune a entrambe: questa circostanza
si verifica, in un certo senso, anche nel caso di una trascrizione in simboli. I
proponimenti (in parte realizzati) di Hilbert hanno esercitato un’influenza feconda su
quel processo di sintesi dei vari rami della matematica che sono il presupposto
necessario per edificare una teoria generale delle strutture. Si tratta di un’evoluzione
verso l’astratto insita nella stessa natura dell’attività matematica. Inutile sottolineare
la fecondità della connessione creatasi tra teoria degli insiemi e studio delle strutture
degli insiemi, dei gruppi, ecc. Basti ricordare la moderna topologia, che costituisce
appunto un chiaro esempio di questo nuovo indirizzo.
L’opera di Hilbert è stata dunque fondamentale e ha largamente influito sul pensiero
matematico contemporaneo. Si può ben dire che gli indirizzi attuali della matematica
si sono sviluppati o in accordo con il pensiero di Hilbert o in opposizione a esso.
Dopo Hilbert si assiste a una radicalizzazione del problema di fondo dell’analisi
dell’esperienza matematica. Si pone cioè il problema se detta analisi debba eseguirsi
in termini di oggetti che hanno una loro esistenza esterna indipendente dal processo
conoscitivo, o in termini del processo conoscitivo considerato indipendente
dall’ipotesi dell’esistenza di oggetti matematici esterni. I due atteggiamenti sono noti
con il nome di platonismo nel primo caso, e di costruttivismo nel secondo. Mentre
però il platonismo si può considerare una corrente unitaria, il costruttivismo non si
presenta come una concezione unitaria; si possono infatti individuare in esso una
vasta gamma di sfumature, che vanno dalle posizioni più radicali del formalismo
estremo, all’intuizionismo.
L’esponente più significativo della concezione platonista è Kurt Gödei, al quale si
deve l’analisi del parallelo tra matematica e fisica, per provare l’esistenza oggettiva
degli enti matematici.
Nell’ambito del costruttivismo è da ricordare la corrente del formalismo estremo:
spostato il centro dell’indagine matematica dagli oggetti esterni ai metodi
dimostrativi, le costruzioni matematiche vengono concepite in modo puramente
combinatorio negando a esse una qualsiasi connessione con la realtà esterna.
Per la corrente dell’intuizionismo ricordiamo L. E. J. Brouwer, il quale non nega
l’esistenza di oggetti matematici esterni, ma nega che gli oggetti in questione possano