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Nel III sec. a.C., la ricerca geometrica raggiunse presso i Greci il suo apogeo con
Apollonio di Perge e Archimede.
Archimede di Siracusa fu senza dubbio il massimo esponente della cultura
matematica di tutta l’antichità. I suoi studi, in particolare il calcolo di π mediante
approssimazioni successive, la determinazione dei volumi del cilindro e della sfera,
la quadratura del segmento parabolico, l’impiego dei momenti statici e dei centri di
gravità, ecc., segnarono infatti l’inizio della meccanica e aprirono la via al calcolo
integrale. Come metodo di conoscenza, quello archimedeo contrastava nettamente
con quello delle idee platoniche. Esso univa l’applicazione esatta all’estrema
rigorosità nei ragionamenti. Invece l’ideale platonico consisteva nella
contemplazione della verità razionale e quasi disprezzava le applicazioni tecniche.
La scienza, così come fu intesa da Archimede, è pertanto estremamente vicina, nei
suoi concetti informatori, allo spirito di ricerca e di conoscenza che anima la
matematica moderna. Lo stesso carattere si ritrova nella scienza alessandrina, con la
quale Archimede ebbe qualche contatto (v. anche GEOMETRIA). Dopo il IV sec. si
accentuò la decadenza della scienza greca. Va sottolineato che l’eredità scientifica
dei Greci non fu raccolta direttamente dal mondo occidentale, ma da quello arabo
che seppe valorizzare anche le conoscenze scientifiche degli Indiani.
• La matematica in India. La matematica indiana si presenta sotto un aspetto
completamente originale, caratterizzato da una spiccata tendenza verso il calcolo
numerico piuttosto che verso il rigore delle dimostrazioni. Si deve agli Indiani la
scoperta fondamentale del sistema di numerazione « posizionale », fondato sull’uso
di nove cifre e dello zero (sistema decimale). Un siffatto sistema rimase sempre
sconosciuto ai Greci; esso fu trasmesso all’Occidente molto tempo dopo dagli Arabi.
Il carattere operativo della matematica indiana si accompagnava a una concezione
generale dei numeri, alla quale rimase sconosciuto il problema dei numeri
irrazionali, ma che condusse in modo molto spontaneo alla scoperta dei numeri
negativi, permettendo quindi di prendere in considerazione i due segni di una radice
quadrata, entrambe le soluzioni di un’equazione di secondo grado, ecc.; si apriva
così la via all’algebra formale con la quale gli Arabi si sarebbero ben presto
cimentati.
• Lo sviluppo della matematica. Nel mondo cristiano occidentale, per assistere a un
interesse per l’attività matematica bisogna arrivare fino a Gerberto d’Aurillac che
divenne poi papa col nome di Silvestro II. L’opera di Gerberto e quella dei suoi
discepoli permettono soprattutto di giudicare il livello a cui si era arrestata la
conoscenza matematica. Le proprietà geometriche sono ancora trattate come verità
slegate, provate dall’esperienza, ma senza legame razionale. Si era smarrita
l’essenza della geometria greca, ossia la concezione della geometria come sistema
ipotetico-deduttivo.
Bisogna attendere il 1494 per trovare la prima opera veramente divulgativa del
pensiero matematico arabo, il cui autore fu Luca Pacioli. L’opera del Pacioli fu
molto importante, perché a essa avrebbero attinto i massimi algebristi del secolo
successivo. Con gli algebristi italiani (S. Dal Ferro, N. Tartaglia, G. Cardano, L.