Page 544 - Dizionario di Filosofia
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un’ulteriore  sviluppo  dell’algebra  stessa,  che  si  arricchì  di  nuovi  concetti,  come

          quelli  di  invariante,  determinante,  matrice,  vettore,  tensore,  escogitando  nuovi
          algoritmi  (calcolo  vettoriale,  calcolo  tensoriale,  calcolo  matriciale,  ecc.),  fino  ad
          assumere quell’aspetto astratto che caratterizza l’algebra moderna.
          •  La  scoperta  dell’analisi.  Newton  (1642-1727)  e  Leibniz  (1646-1716)  sono
          giustamente considerati gli iniziatori dell’analisi infinitesimale.
          Tuttavia né le memorie di Newton (scritte tra il 1665 e il 1670 e pubblicate solo

          alcuni decenni dopo) né quella di Leibniz (scritta nel 1675 e pubblicata nel 1684)
          rappresentano la nascita di un ramo della matematica del tutto nuovo.
          Per non limitare la questione entro termini un po’ troppo specialistici, possiamo dire
          che  l’analisi  trascende  l’algebra,  perché  estende  il  suo  campo  di  applicazioni  a
          grandezze infinite e infinitesime. La matematica greca aveva già incontrato l’infinito,
          come  un  ostacolo  insuperabile:  il  paradosso  di  Zenone  (Achille  e  la  tartaruga)
          indicava  semplicemente  come  assurda  la  possibilità  di  eseguire  la  somma  di  un

          numero  infinito  di  addendi  e  del  tutto  insensata  un’uguaglianza  del  tipo:


          Il  metodo  di  esaustione  di  Eudosso,  tuttavia,  aveva  rimosso  tale  difficoltà.
          L’applicazione  fattane  da Archimede  nel  problema  della  quadratura  del  segmento
          parabolico è di un rigore che ancora oggi ci lascia ammirati. È fuori dubbio che le
          somme di infiniti termini (le serie) e i prodotti con infiniti fattori comparvero molto
          prima  della  scoperta  del  calcolo  infinitesimale,  ma  le  condizioni  necessarie  per

          un’autentica precisione matematica furono messe in evidenza solo più tardi.
          Il  «  nuovo  calcolo  »  beneficiò,  inoltre,  di  una  seconda  «  pratica  dell’infinito  »:
          quella  determinata  dalla  geometria  degli  indivisibili,  in  virtù  della  quale  si
          considerava un’area come la somma di tutti i segmenti appartenenti a essa e paralleli
          a una direzione assegnata e, analogamente, un volume come la somma di infiniti piani
          indivisibili.  Dovuta  a  B.  Cavalieri  (1598-1647),  G.  Roberval  (1602-1675)  e  B.
          Pascal (1623-1662), la teoria degli indivisibili venne sfruttata in un certo senso nella

          determinazione delle aree e dei volumi attraverso il calcolo integrale.
          Se il problema delle aree ha aperto la via al calcolo integrale, quello delle tangenti
          ha aperto la via al calcolo differenziale, soprattutto a causa della sua connessione
          con il problema della ricerca dei massimi e dei minimi di una funzione.
          Avendo  tratto  origine  da  tali  problemi,  la  derivazione  e  l’integrazione  non  si
          manifestarono  inizialmente  come  operazioni  inverse  l’una  dell’altra.  Questa  loro

          proprietà fondamentale non si rivelò immediatamente, si deve a Leibniz e a Newton
          il chiarimento definitivo di questo punto.
          La  prima  esposizione  sistematica  dell’analisi  fu  eseguita  dal  marchese  G.  de
          L’Hospital (1661-1704), probabilmente in collaborazione con Jean Bernoulli (1667-
          1748).
          • La formulazione dell’analisi. Il primo periodo di compilazione e di estensione del
          calcolo  infinitesimale  trova,  in  un  certo  senso,  il  suo  coronamento  nell’immensa

          opera di Eulero, il geniale matematico di Basilea. Vi è già tracciata nelle sue linee
          essenziali  tutta  l’analisi  matematica  classica.  Prima  però  di  qualificarsi  come
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