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via scelta da Kant fu quella di cercare il fondamento dell’oggettività del sapere
scientifico nel soggetto della conoscenza, anziché fuori di esso: egli stesso definì
questo rovesciamento di prospettiva rivoluzione copernicana, in analogia con
l’operazione compiuta da Copernico nel costruire un modello « ribaltato » di sistema
solare. Di fatto la conoscenza non è acquisizione passiva di dati provenienti dal di
fuori, ma si configura invece come attività unificante e ordinante, che il soggetto
esplica mediante forme a priori.
Il mondo della natura è la risultante delle sintesi operate dal soggetto sui dati
sensibili: le funzioni attraverso cui si estrinseca l’attività sintetica del soggetto sono
chiamate da Kant anche trascendentali, per sottolineare il fatto che esse operano a
costituire l’esperienza, non hanno significato che in essa, e tuttavia, in quanto a
priori, non derivano da essa. La Critica della ragion pura risponde alla domanda
sul come è possibile la scienza (domanda che si identifica con quella relativa alla
possibilità dei giudizi sintetici a priori) attraverso le due parti in cui è divisa:
l’Estetica trascendentale e la Logica trascendentale, che comprende a sua volta
l’Analitica trascendentale e la Dialettica trascendentale. Il termine « estetica »
venne assunto da Kant nell’accezione ereditata dal Baumgarten di « dottrina
filosofica della conoscenza sensibile », senza alcun riferimento al problema della
percezione del bello, che fu poi affrontato nella Critica del giudizio. La tesi
fondamentale dell’Estetica trascendentale è che anche la conoscenza sensibile ha
alla sua base due forme a priori, lo spazio e il tempo: sulla forma trascendentale
dello spazio è fondata la geometria, su quella del tempo la matematica.
Nell’Analitica Kant studia i modi dell’attività sintetica dell’intelletto, il quale
elabora concettualmente le intuizioni sensibili e le organizza mediante forme a priori
o categorie. La deduzione delle categorie, e cioè la costruzione di una tabella
ragionata, che includa tutte le forme a priori operanti nei giudizi dell’intelletto, è la
parte più intricata e meno persuasiva di tutta la Critica della ragion pura: Kant
individua dodici categorie (quantità: singolare, particolare, universale; qualità:
affermativo, negativo, indefinito; relazione: categorico, ipotetico, disgiuntivo;
modalità: problematico, assertorio, apodittico), ricavandole dalla classificazione
dei giudizi in uso nella logica formale. L’unità delle categorie, e al tempo stesso
l’unità dell’esperienza di tutti i soggetti possibili, che è la condizione dell’esistenza
di un mondo oggettivo, sono da Kant fondate sull’io penso, cioè sulla forma
fondamentale dell’unità della coscienza, che è alla base di ogni giudizio possibile.
L’intelletto costruisce così il mondo dei fenomeni, ma non è illegittimo porsi la
domanda del senso che può avere un discorso riferito alla realtà in sé, cioè alla
realtà non condizionata dal suo modo di « apparire » a noi. Kant designa la realtà
non fenomenica col termine noumeno, il cui senso può essere parafrasato con la
formula « ciò che può essere conosciuto mediante un’intuizione intellettuale », della
quale peraltro la mente umana è assolutamente incapace. In Kant la nozione di
noumeno resta fondamentalmente problematica: essa allude non a una conoscenza
effettiva, ma solo al « pensiero di qualcosa in genere, nel quale io fo astrazione da
ogni forma di intuizione sensibile ». Il carattere specifico della metafisica dogmatica