Page 36 - Dizionario di Filosofia
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raffinamenti delle teorie? Come si debbono prospettare infine le grandi svolte del
pensiero scientifico contemporaneo, dalla problematica dei fondamenti della
matematica, dall’abbandono del sistema newtoniano per nuovi schemi concettuali
(come quelli offerti, in chiave differente, dalla relatività e dalle teorie quantistiche),
al rinnovamento della biologia, della psicologia e delle stesse scienze sociali?
L’idea che l’utilizzazione di concetti che non hanno un immediato riscontro
nell’esperienza possa conciliarsi con un atteggiamento radicalmente empirista
sfruttando in modo opportuno le risorse dell’analisi logico-linguistica delle teorie
costituisce il nucleo del programma epistemologico del Circolo di Vienna, intitolato
a Ernst Mach, ma non meno influenzato dall’eredità concettuale di un Boltzmann.
Non è il caso qua di tracciare la storia del « positivismo » viennese: basti dire che la
riflessione dei pensatori che ne facevano parte negli anni Venti, come R. Carnap, H.
Hahn, O. Neurath, M. Schlick, doveva intersecarsi con quella di altri indirizzi e
gruppi, come, per esempio, il gruppo di Berlino (H. Reichenbach, R. von Mises, K.
Greiling e quindi C. G. Hempel, ecc.); i grandi logici polacchi (come Lukasiewicz,
Lesniewski, Chwistek, Kotarbinski, Ajdukiewicz, Tarski, ecc.); i simpatizzanti
americani come E. Nagel, Ch. Morris, W. O. Quine; certi analisti inglesi (A. J. Ayer,
G. Ryle, R. B. Braithwaite, ecc.) e ancora tutta una vasta gamma di pensatoritesi tutti
alla costituzione di un rinnovato empirismo, « l’empirismo logico ». La dispersione
negli anni Trenta degli empiristi austriaci e tedeschi doveva contribuire a
diffonderne le idee nei paesi di lingua anglosassone, fino a fame negli anni Quaranta
e ancora negli anni Cinquanta la filosofia della scienza « ufficiale ». Va sottolineato
che, per altro, anche nel nostro paese, si sono avuti originali e stimolanti riprese
della tematica neoempiristica fin dalla fine degli anni Trenta e con maggior
sistematicità dopo la seconda guerra mondiale. Varrà quindi la pena di ricordare
come uno dei grandi problemi dell’empirismo logico, quello della « riduzione » dei
concetti teorici a concetti osservabili, i primi correlati alla spiegazione in sede
teorica dei fenomeni, i secondi invece confinati nell’ambito dell’osservazione e
dell’esperimento (ove si controlla l’efficacia delle predizioni); e sottolineare la
ricchezza delle soluzioni offerte dai neoempiristi, qualunque peso si voglia attribuire
alle critiche mosse a tali soluzioni e alle vie intraprese per conseguirle (criteri di
significanza degli enunciati, teorie della verificazione e della conferma, costituzione
di logiche induttive, ecc.).
Certo fin dagli anni Trenta, pur movendo da un terreno per più versi comune,
altri indirizzi si sono venuti contrapponendo all’empirismo logico. È il caso del «
razionalismo critico » di K. R. Popper, che fin dalla sua Logica della ricerca
scientifica (l’edizione tedesca è del 1934, quella inglese ampliata del 1959) ha
individuato il carattere scientifico di una teoria empirica nel suo essere «
falsificabile », cioè sottoponibile a severi tentativi di confutazione. Con il che ha
rivendicato un maggior ruolo alle teorie, i cui concetti non devono necessariamente
venir ricondotti alla « esperienza » anch’essa « imbevuta di teorie » più di quanto gli
empiristi siano disposti ad ammettere: la scienza mantiene ancora un carattere
oggettivo, in quanto le teorie lungi dall’essere « creazioni arbitrarie » vietano « stati