Page 41 - Dizionario di Filosofia
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militari, l’urbanistica e l’ecologia, insieme a tutte quante le ricerche che indagano

          sotto  qualche  profilo  settoriale  le  iniziative  della  presenza  umana  nel  cosmo,  non
          abbiano titoli per appartenere a una ideale enciclopedia delle scienze umane. Ma il
          problema,  scientifico  e  filosofico,  di  una  fondazione  delle  scienze  umane,  non
          consiste  certo  nell’addizionare  o  nell’ammucchiare  alla  rinfusa,  sotto  nuova
          denominazione, l’universalità del sapere.
                Una  eccessiva  disinvoltura  nell’allargare  il  perimetro  epistemologico  delle

          scienze umane porta in un vicolo cieco. Si rischia, come in un grande cocktail party,
          di spalancare le porte agli ospiti più diversi, invitati a solidalizzare in una impresa
          che di nuovo ha soltanto il nome. Per evitare il cumulo disordinato e informe delle
          ricerche  più  eterogenee,  è  raccomandabile  per  le  scienze  umane,  così  a  lungo
          ostracizzate nella cultura italiana d’impronta idealistica, un atto di continenza, ossia
          una  restrizione  di  campo  e  un  invito  alla  prudenza.  Nei  moderni  dipartimenti  di
          scienze  umane  o  di  antropologia,  largamente  diffusi  nella  cultura  anglosassone,  le

          protagoniste  del  nuovo  sapere  sono  in  primo  luogo  la  psicologia,  la  sociologia,
          l’antropologia culturale e sociale, l’etnologia, la linguistica generale, l’archeologia
          preistorica  e  poche  altre  discipline  concomitanti  e  di  formazione  relativamente
          recente.
                Nello  sfondo  di  queste  ricerche  convergenti  e  tra  loro  sussidiarie,  affiora
          costantemente,  come  un  leitmotiv,  l’esigenza  sistematica  e  teoretica  di  una

          antropologia filosofica. Lo studio dell’uomo si accosta alla filosofia ogni volta che i
          problemi più impegnativi e meno eludibili del fenomeno umano non vengono aggirati
          o  accantonati,  per  il  loro  carattere  problematico  che  sfugge  al  sogno  di  una
          conoscenza  assertoria  o  apodittica,  bensì  fatti  emergere  e  approfonditi  anche  se
          costituiscono  spesso  motivo  di  antinomie o  di  aporie  non  risolte.  La  scala  del
          fenomeno  umano  va  rispettata  anche  se  lo  studioso  di  scienze  umane  amerebbe
          muoversi più sul sicuro, in un terreno meno friabile e scosceso.

                La psicologia, ad esempio, solo in tempi relativamente recenti, ha acquisito un
          suo statuto autonomo come scienza. Ma proprio per il fatto di non costituire più un
          semplice capitolo di una ricerca filosofica più generale bensì un campo specifico e
          particolare di indagine, essa ha potuto ampliare e approfondire, in più direzioni e
          attraverso  molte  aporie,  le  nostre  conoscenze  sull’uomo.  Il  comportamentismo  o

          behaviorismo, dalle prime ricerche del fisiologo russo Pavlov fino agli aspetti più
          recenti  delle  ricerche  americane  di  Watson  e  di  Skinner,  abbandona  le  categorie
          tradizionali  della  coscienza  o  dell’io  e  restringe  la  sua  attenzione  allo  studio  del
          comportamento  umano  come  insieme  di  stimoli  e  reazioni  analizzabili
          sperimentalmente in analogia con le procedure che si adoperano per lo studio del
          comportamento animale.  Nella psicoanalisi viene esplorata la vasta e prima quasi
          sconosciuta regione dell’inconscio. La descrizione dell’apparato psichico nelle sue
          pulsioni fondamentali, nelle sue complesse strutture e funzioni, nei suoi meccanismi

          di difesa, nelle sue delicate operazioni di censura, di rimozione, di sublimazione,
          nelle  varie  forme  di  interpretazione  della  libido  in  Freud,  Jung  e  Alder,  ha
          certamente arricchito il nostro sapere antropologico.
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