Page 268 - Dizionario di Filosofia
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successivi:  se  da  un  lato  la  tradizione  teologica  mantiene  carattere  di  unità  e  di

          continuità  con  la  tradizione  nazionale,  d’altro  canto  i  contributi  filosofici  più
          rilevanti dei pensatori ebrei si pongono a confronto con i problemi e si collocano nel
          contesto dello sviluppo più generale della cultura filosofica europea, perdendo in
          larga parte il carattere di tradizione filosofica nazionale, e questo anche per ovvi
          motivi storici e politici. Ciò vale in particolare per filosofi quali M. Mendelssohn,
          H. Cohen, F. Rosenzweig e M. Buber.

          Bibliogr.:  D.  Neumark, Geschichte  der  jüdischen  Philosophie  des  Mittelalters,
          Berlino  1907-1928;  I.  Husik, A history of medieval Jewish philosophy,  Filadelfia
          1916;  J.  Guttmann, Die  Philosophie  des  Judentums,  Monaco  1933;  E.  Müller,
          History of jewish mysticism, Londra 1946; E. Bertola, La filosofia ebraica, Milano
          1947;  G.  Vajda, Introduction  à  la  pensée  juive  du  moyen  âge,  Parigi  1947;  C.

          Trestmontant, Essai  sur  la  pensée  hébraïque,  Parigi  1953;  T.  Bomann, Das
          Hebräische Denken im Vergleich mit dem Griechischen, Gottinga 1954; J. Adler,
          Philosophy of judaism,  Nuova York  1960;  G.  Scholem, Le grandi correnti della
          mistica ebraica, Milano 1965.
          ECCETTÀ  (lat.  mediev. haecceitas - atis,  da haec, questa). Per Duns Scoto, quella

          caratteristica formale grazie alla quale un individuo, all’interno di una data specie, si
          differenzia  e  si  distingue  da  tutti  gli  altri  individui.  (È  quindi  un  «  principio  di
          individuazione ».)
          ECCETTUATIVO. Nella logica, proposizione eccettuativa (o eccettiva), quella in cui
          si attribuisce a un soggetto un predicato, facendo eccezione per una o più specie di
          individui (es. « Tutti gli abitanti di Milano, salvo gli immigrati, sono lombardi »).

          ECFANTO di Siracusa, in gr. Ékphantos, filosofo greco (500 circa a.C.), discepolo
          del  concittadino  Iceta.  Ai  numeri  di  Pitagora,  come  principi  primi  delle  cose,
          sostituì,  rifacendosi  alle  teorie  democritee,  atomi  corporei,  sebbene  invisibili  e
          separati  dal  vuoto. Con Anassagora spiegò l’unità del mondo non attraverso cause
          meccaniche, bensì mediante l’azione razionale di un principio ordinatore. Attribuì

          infine alla Terra, con Iceta, un movimento di rotazione intorno al suo asse.
          Bibliogr.: Pitagorici: testimonianze e frammenti, a cura di M. Timpanaro-Cardini,
          3 fase., Firenze 1958-1964; C. De Vogel, Pythagoras and early pythagoreanism. An
          interpretation of neglected evidence on the philosopher Pythagoras, Assen 1966;
          J. A. Philip, Pythagoras and early Pythagoreanism, Toronto 1966.

          ECHÈCRATE, in gr. Echekrátēs, filosofo greco nato a Fliunte e fiorito nella prima
          metà del IV sec. a.C. Si formò alla scuola di Archita e di Eurito e fu uno degli ultimi
          rappresentanti del pitagorismo classico. La tradizione vuole che Platone gli facesse
          visita a Locri, nel corso di uno dei suoi viaggi. Nel Fedone platonico è interlocutore

          di Fedone, che lo ha incontrato nella sede della scuola pitagorica di Fliunte.
          ECKHART  (Johannes,  detto Maestro  [Meister  Eckhart  o,  alla  latina, Magister
          Eccardus), domenicano e filosofo mistico tedesco (Hochheim, presso Gotha, verso il
          1260 - Colonia 1327). Dopo aver ricoperto importanti cariche nel suo ordine, prese
          a insegnare all’università di Parigi, ove acquistò grandissima fama grazie alla quale
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