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E


          E.  Nella  logica  antica,  con  la  lettera E,  prima  vocale  della  parola  latina nego, si
          designa la proposizione universale negativa: Nessun uomo è giusto.

          EBERHARD (Johann August), filosofo tedesco (Halberstadt, Sassonia, 1739 - Halle
          1809).  La  protezione  di  Federico  II  gli  valse  la  cattedra  di  filosofia  a  Halle,
          malgrado  la  resistenza  degli  ambienti  culturali  più  conservatori,  che  non  gli
          perdonavano di aver sostenuto, nella Nuova Apologia di Socrate (1772), che uomini
          pienamente virtuosi erano vissuti anche prima della venuta di Cristo. Fedele seguace
          della  filosofia  leibniziana  e  wolffiana,  Erberhard  tentò  di  contrastare  il  successo
          crescente della filosofia di Kant, pubblicando i quattro volumi del Philosophisches

          Magazin (1787-1795) e i due volumi del Philosophisches Archiv (1793-1795). Kant
          entrò in polemica con lui e dimostrò l’inconsistenza della sua tesi, secondo la quale i
          motivi validi della filosofia critica sarebbero già stati tutti presenti in Leibniz. Tra le
          altre  opere: Lo  spirito  del  cristianesimo  primitivo  (1807-1808),  una  sorta  di
          risposta razionalistica al Genio del Cristianesimo di Chateaubriand.

          EBRAICA  (FILOSOFIA).  I  testi  del  Vecchio  Testamento  pongono  una  quantità  di
          problemi etici e filosofici attorno ai quali si è costituita originariamente la cultura
          filosofica ebraica. La prima organica espressione specificamente filosofica si ha con
          l’opera di Filone*, che tenta di operare una sintesi fra la tradizione religiosa ebraica
          e  la  cultura  greca;  in  particolare,  il  platonismo  viene  accolto  e  recuperato
          nell’ambito  della  prospettiva  misticheggiante  di  questo  autore.  In  generale,  pur
          accogliendo  e  discutendo  temi  schiettamente  filosofici,  si  può  affermare  che  è

          caratteristica  dei  pensatori  ebraici  una  stretta  aderenza  e  fedeltà  alla  tradizione
          religiosa,     assumendo        frequentemente       la    loro     riflessione      l’aspetto     di
          un’interpretazione  filosofica  della  Scrittura.  Dal VII  sec.  al XIII sec. si verifica un
          fecondo rapporto tra cultura araba e cultura ebraica: in quest’epoca le conoscenze
          scientifiche e la pratica, soprattutto della medicina, si accompagnano al tradizionale
          impegno di commento e di esegesi della Bibbia. Tra le personalità più notevoli del

          periodo,  che  diedero  tra  l’altro  inizio  alla  tradizione  ebraica  spagnola,  sono  da
          ricordare  Avicebron*  (Ibn  Gabirol)  e  Giuda  Ha  Levi  (1075-1141).  In  questa
          tradizione si colloca l’opera di Mosé Maimonide*, il più importante filosofo ebreo
          del Medioevo. Con l’opera di Lewi* Ben Gereshon (1288-1344) e Hasdai Crescas
          (1340-1410)  acquistano  particolare  rilievo  le  questioni  poste  dal  confronto  della
          teologia ebraica con l’aristotelismo. Sempre in quest’epoca è presente nella cultura
          ebraica  anche  un  accentuato  interesse  nei  confronti  delle  dottrine  mistiche  e

          gnostiche della Cabala. Nell’epoca moderna e contemporanea la cultura filosofica
          ebraica  risente  ancor  più  pesantemente  delle  vicende  storiche  che  investono  le
          comunità  giudaiche:  ad  esempio  l’espulsione  degli  Ebrei  dalla  Spagna  e  dal
          Portogallo porta alla formazione di un importante centro culturale in Olanda, i cui
          esponenti  più  importanti  saranno  i  due  ribelli  Uriel  da  Costa  (1585-1640)  e
          Benedetto  Spinoza*  (1632-1677).  Con  questi  autori  si  manifesta  con  particolare

          evidenza  una  caratteristica  che  si  accentuerà  nella  filosofia  di  autori  ebrei
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