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economia e etica*, mentre fra il 1912 e il 1913 furono scritti i saggi pubblicati poi
nel 1917 sotto il titolo di Teoria e storia della storiografia*: queste tre opere,
insieme con l’ Estetica, formano nell’insieme la filosofia dello spirito. Il
riconoscimento del suo debito col Vico e con lo Hegel si era espresso in una
interpretazione molto personale del pensiero del primo (La filosofia di G. B. Vico*,
1911) e in una serrata resa dei conti con il secondo (Saggio sullo Hegel*, 1913). La
caratterizzazione schematica del suo pensiero che il Croce riteneva più corretta e
comunque meno carica di suggestioni deformanti è quella di « storicismo assoluto ».
Nel sistema chiuso di Hegel c’erano molte scorie derivate dalle tradizioni teologiche
e accademiche della cultura tedesca: ma da esso, opportunamente depurato, emerge
per il Croce il concetto che tutto il reale è spirito e che lo spirito è storia, potere che
si realizza integralmente in essa, in una immanenza senza residui. Ed è vero che la
legge della vita spirituale è la dialettica degli opposti, purché si tenga presente che
« la contrarietà non nasce senza il fondamento della distinzione ». Hegel ebbe il
torto di abbassare tutte le forme dello spirito a « conati imperfetti » nella direzione
dell’assoluta razionalità, nella quale la varia vita del mondo trova per lui il suo
compimento. Egli non vide il nesso della distinzione, così come non colse
l’autonomia delle forme dello spirito, che conservano in un processo di implicazione
« circolare » la loro fondamentale unità. Queste forme, o categorie, o potenze del
fare sono per il Croce quattro: due, l’arte e la filosofia, manifestazioni dell’attività
teoretica, e due, l’economia e l’etica, manifestazioni dell’attività pratica. La vita si
sviluppa ripercorrendo senza posa questi momenti e ritornando su se stessa, di volta
in volta arricchita da quanto ha assorbito precedentemente. Così dall’intuizione
estetica, che è visioneespressione di un’immagine, indifferente ad ogni valutazione
della realtà o irrealtà di questa, lo spirito passa al giudizio logico, che è sempre
peraltro giudizio individuale e si identifica con la conoscenza storica (identità di
storia e filosofia). Da questa emerge a sua volta l’attività pratica (che è però anche «
materia » e condizione dell’attività teoretica), sia che essa si manifesti come
economia (categoria che finisce per rinchiudere in sé, nell’evoluzione del pensierio
crociano, tutto il contingente e il vitale), sia che si manifesti come etica, e cioè come
disciplina della vitalità sotto l’imperativo di una norma universale. Si possono qui
elencare i corollari più problematici di questa impostazione generale: nell’estetica,
l’unità di intuizione ed espressione, l’identificazione di linguaggio e poesia,
l’affermazione del carattere meramente didascalico della distinzione delle varie arti
e dei generi letterari; nella logica, l’identificazione del giudizio definitorio col
giudizio storico, la riduzione della filosofia alla storiografia e la giustificazione
puramente empirica dell’autonomia della ricerca filosofica, distinguibile dalla
storiografia solo come suo momento metodologico; nell’economia, l’affermazione
del carattere « economico » sia delle scienze naturali, sul fondamento della teoria
degli pseudoconcetti, sia del diritto e dello Stato, visti come pure manifestazioni
dell’utilità e della forza, secondo gli insegnamenti di Machiavelli e di Marx;
nell’etica, l’affermata conciliabilità dell’assoluta razionalità di « tutta » la storia con
l’obbligo morale di combattere il male e di promuovere gli ideali della propria