Page 78 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                     Si  credeva,  come  annunciato  chiaramente  all’inizio
                dell’Apocalisse  canonico,  che  “il  tempo”:  la  fine  del  mondo,
                fosse  vicino,  imminente.  Chiari  erano  i  segni:  una  generale
                decadenza,  le  frontiere  invase  dai  barbari,  rivolgimenti  sociali
                profondi, un’insicurezza diffusa e sanguinarie lotte per il potere.
                     Di  fronte  a  tanta  devastazione  affiorava  intensissima  la
                pulsazione  ad  abbandonare  il  mondo:  le  sue  tentazioni,  le  sue
                depravazioni  e  rifugiarsi  in  luoghi  solitari,  dove  pregare
                serenamente   Dio    e   preoccuparsi   unicamente   (anche
                egoisticamente) alla salvezza della propria anima. Fu un afflato
                spirituale  enorme,  che  non  ce  ne  furono  altri  nella  storia
                dell’umanità.
                     In un mondo gemente, decadente e in disfacimento qual’era
                l’impero  romano  nel  suo  lungo  crepuscolo,  pareva  di  vedere
                affiorare  davvero,  ai  quattro  angoli  dell’orizzonte,  i  cavalieri
                dell’Apocalisse.
                     “Ecco, Egli viene sulle nubi… e tutte le nazioni della terra si
                batteranno il  petto! Indossa  un abito  lungo fino  ai  piedi,  cinto
                con una fascia d'oro: i capelli candidi, simili a lana, come neve,
                gli occhi fiammeggianti, i piedi d‟aspetto del bronzo purificato
                nel crogiolo; la voce simile al fragore di cascata… Dalla bocca
                gli usciva una spada affilata dal doppio taglio; il volto come il
                sole splendente: il sole di mezzogiorno!”
                     Quale onirica visione! E poi:
                     “A colui che preserverà sino alla fine delle mie opere, darò
                autorità  sopra  le  nazioni:  le  pascolerà  con  bastone  di  ferro
                e le frantumerà come vasi di terracotta”.
                     Quale seduzione per monaci analfabeti vaganti nelle dune di
                un deserto e su qualche monte solitario, tra le fiere, esposti alle
                inclemenze  del  tempo.  Più  ancora  per  chi  sedeva  imperterrito,
                ieratico,  alla  sommità  di  una  colonna  in  un  tempio  incendiato:
                più vicino al cielo che alla terra.
                     Verticismi d’ermetismo:
                     “Così parla il Santo, il Verace: Colui che ha la chiave di
                Davide.  Quando  Egli  apre,  nessuno  chiude,  e  quando  chiude
                nessuno apre.”
                     Scenografie straordinarie:
                     “Una porta era aperta nel cielo… Un arcobaleno simile a
                smeraldo avvolgeva il trono e attorno stavano seduti ventiquattro
                vegliardi avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo. Dal
                trono  uscivano  lampi,  voci  e  tuoni;  sette  lampade  accese


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