Page 74 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                     I  primi,  i  bellatores,  ambivano  trasformare  le  selve  in
                personali riserve di caccia; mentre gli oratores erano propensi a
                considerarle un luogo sacro, di eremitaggio, d’incontro con Dio,
                utili  a  reperire  le  travi  delle  chiese,  la  cera  per  illuminarle,  il
                miele, le cortecce per conciare il cuoio, le ghiande per i branchi
                di maiali; a produrre le ceneri utilizzate dai vetrai, il carbone…
                preziose  per  le  pescagioni,  i  pascoli,  il  legno  per  affrontare  i
                rigori  dell’inverno…  In  quegli  spazi  selvaggi  operano  i
                laboratores:  terza  categoria  sociale,  collegati  alla  cattedra  del
                vescovo o alla sala capitolare di un abate, noti in Francia come
                boiselleurs.
                     C’era  poi  una  quarta  categoria  sociale,  molto  eterogenea,
                che  cercava  la  salvezza  terrena  nella  foresta:  gli  emarginati,  i
                vinti, i reietti, i disertori, i falliti, i fuggitivi.
                     Inizialmente,  quell’interminabile  crepuscolo  che  fu  la  fine
                dell’impero romano, la foresta offrì rifugio agli ultimi seguaci dei
                culti pagani. Per questo motivo, nonostante ben presto i pagani
                fossero  stati  sostituiti  dai  monaci,  dalle  cattedre  dei  vescovi  la
                foresta divenne regione oscura, affollata da spiriti maligni, luogo
                di perdizione.
                     Ancora  molti  secoli  dopo  la  scomparsa  dell’impero  di
                Roma, nella solitudine dei boschi s’incontravano le partecipanti
                al notturno ballo in onore della dea Diana, che vescovi, diaconi e
                chierici  tendevano  a  confondere  con  i  sabba  demoniaci,
                tacciando le partecipanti di stregoneria (masche nel Nord Ovest
                d’Italia).
                     Va inoltre ricordato che in tutti i tempi e a tutte le latitudini
                le foreste offrono rifugio a reietti e ribelli; la più famosa di queste
                foreste è quella di Sherwood, resa famosa dalle gesta del mitico
                Robin Hood.
                     Per  quanto  concerne  la  presenza  di  eremiti  nelle  foreste
                europee, riveste una peculiare importanza il testo agiografico su
                san Bernardo da Tiron, scritto da Gaufredus Grossus a metà del
                1100. Vi si fa cenno a estese foreste tra Normandia, Bretagna e
                Maine che l’autore non esita a paragonare a una novella Tebaide,
                definendola  “alterus  Aegyptus”  per  come  vi  si  aggiravano
                innumerevoli da eremiti.
                     In  queste  foreste  lo  zelante  san  Bernardo  raccoglie
                innumerevoli seguaci e vi trova in un alveare, nel tronco cavo di
                un albero, con tanto miele e tanta cera che paiono fuoriuscire da
                una cornucopia. Le sue imprese ed avventure ravvisano davvero


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