Page 52 - La Massoneria Rivelata
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di tutti coloro che scrissero contro la massoneria egli è quello
che le fece maggiormente male […] Barruel fece agli avversari
un torto immenso, dal quale la massoneria, si può ben dire, non
poté mai rimettersi e che fu la sorgente dalla quale intere
generazioni di antimassoni attinsero».
L’opera del gesuita influenzò storici, scrittori, pubblicisti e
persino autori col grembiulino come De Castro, Bacci o
Pontevia ne furono condizionati, accreditando alla Libera
Muratoria imprese che non le appartenevano. Essi, partendo
dall’assunto del gesuita, le attribuirono il merito di gran parte
del rinnovamento sociale e politico di fine Settecento e
dell’Ottocento, suffragando il mito della massoneria quale
madre della rivoluzione.
Il gesuita aveva creato una leggenda, e le leggende non
muoiono mai; si ripropongono in modo sempre diverso,
adattandosi ai tempi e assumendo i toni e la “musicalità” dei
bardi e del momento; il mito, al pari della fenice, risorge sempre
dalle proprie ceneri, rinnovandosi quando ormai sembra stantio
e superato. Barruel è paragonabile al tronco di una grande
quercia, dalla quale si dipartono numerosissimi rami: la sua
teoria generò mille varianti, che con pervicacia si diffusero fra i
due secoli, creò schiere di imitatori, seguaci e interpreti pronti a
modificare o ad adattare l’intuizione del maestro a ogni
contingenza. In ambienti ultrareazionari, ad esempio, si affermò
che la setta era capeggiata dall’Orléans, oppure che fossero stati i
puritani a inventarla per usarla contro i cattolici.
La “favola” più fortunata e diffusa fu comunque quella che
indicava la Libera Muratoria come una congregazione segreta e
sovversiva che nutriva il sogno di distruggere la Chiesa cattolica
e abbattere i troni, e ciò allo scopo di vendicare il Gran Maestro
dei templari, Giacomo de Molay. Nell’Ottocento – e ancora oggi
– circolava la leggenda che subito dopo la decapitazione di Luigi
XVI uno sconosciuto salì sul palco della ghigliottina, afferrò la
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